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Scontri tra ultras juventini ad Alessandria

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2006 10:35
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13/08/2006 17:53
 
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C’è una guerra latente e mai dichiarata che dilania la tifoseria bianconera. E rischia di rovinare con scontri di piazza anche l’avvio di campionato. Una guerra in cui ci sono in gioco interessi consistenti: soldi, tanti soldi, parecchie decine di migliaia di euro, che servono per la sopravvivenza delle tifoserie stesse. E c’è già anche la prima vittima. Un ferito da nome illustre e dal passato consistente. Si chiama G. M., detto Dino, torinese e capo indiscusso, anzi quasi un tiranno, dei «Drughi», la tifoseria bianconera più organizzata e numerosa, che ha per stemma l’immagine-simbolo di «Arancia meccanica», la forma dei quattro uomini armati che camminano uno di fianco all’altro: e nel film di Kubrick su chiamano «drughi» i componenti della banda del protagonista, il picchiatore e violentatore Alex.

Mocciola è stato accoltellato da altri juventini, ma di fazione avversaria, ad Alessandria. La lama di un coltello che lo ha sfregiato ha fatto danni ben più gravi di quelle ferite che i medici dicono guaribili in un mese, giorno più, giorno meno. Ha sfregiato la sua fama.

Ma non è tutto lì. Quella lama ha incanalato verso un lento e forse inarrestabile oblio i «Drughi», gruppo che Mocciola, uscito dal carcere dopo 20 anni, ha riportato in auge e fatto rinascere un anno fa.

La cosa non è di poco conto se si considera che M., quasi un eroe moderno degli stadi, è sempre stato ultrarispettato, ultrastimato e ultratemuto. Da tutti. Grazie ai suoi colonnelli è sempre riuscito a tenere sotto controllo alcune migliaia di supporter bianconeri. Lo ha fatto nel più classico dei modi. Con la forza, piegando ogni voglia di ribellione, e con le blandizie, offrendo biglietti per gli ingressi nello stadio ai suoi più diretti collaboratori, ai fedelissimi del secondo anello della curva Scirea, a quelli sempre in prima fila nei momenti di crisi.

«Vox populi» di stadio ha sempre sostenuto e giurato che M. e i «Drughi» erano vicini alla vecchia dirigenza bianconera. A Moggi e Giraudo, per intenderci, con i quali intratteneva rapporti per così dire amichevoli. Caduti sotto la scure della magistratura i due leader della società bianconera, è caduto anche il potere di M.. Che, fino ad un anno fa, era una specie di intoccabile, un uomo a cui nessun tifoso juventino, iscritto ad altri club, avrebbe mai neanche lontanamente pensato di tirare una pietra o una bottiglia. Invece, ad Alessandria, Dino è stato accoltellato durante gli scontri di piazza seguiti al match. Scontri che sono la cartina di tornasole della guerra intestina che devasta il tifo organizzato marchiato Juve.

Le prime avvisaglie di quella guerra che cambierà la geografia del tifo organizzato si erano avute qualche mese fa. Il giorno in cui la Juventus rientrò da Lecce con lo scudetto in tasca. All’aeroporto di Caselle gli ex «Fighters», cancellati dal ritorno sulla scena dei «Drughi», contestarono Moggi e Giraudo già nel mirino dei magistrati. E partirono slogan che inneggiavano ad un ritorno di Giampiero Boniperti alla dirigenza della squadra. Per gli ex «Fighters» era la prova generale del loro ritorno sulla scena del tifo con un gruppo nuovo, pronto al debutto, chiamato «Tradizione». Quali saranno i colori societari, gli stemmi e i riti ancora non si sa. Ma è certo che tra i capi ci sono due fratelli torinesi, un tempo leaders dei «Fighters».

Ecco, «Tradizione» contro «Drughi». Ma non è tutto lì. In questa guerra si inseriscono altri gruppi. Primo fra tutti quello dei «Viking», tifoseria organizzata targata Milano e, fino ad un anno fa, confinati all’interno dello stadio in una zona minuscola nella curva. Amici dei «Drughi» non lo sono mai stati ma, per pax interna allo stadio, non si sono mai ribellati. Oggi è il momento della loro rivincita. E di quella degli «Irriducibili Vallette», anch’essi «cancellati» dal Delle Alpi e da sempre contrari alla dirigenza Moggi/Giraudo.
Se, come sembra, la guerra intestina della tifoseria bianconera non si risolverà nel giro di un paio di settimane, c’è da aspettarsi una calda stagione calcistica. Fatta di scontri tra i gruppi organizzati. Una guerra che cela interessi economici, giri d’affari consistenti. E che, senza volerlo, è stata scatenata dal crollo del sistema Moggi, dalle indagini della magistratura. Dall’avvicendamento ai vertici della società.

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