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Genty dà il benvenuto al Pdl: «I nostri abissini»
Lo sceriffo: «La Lega non più da sola? Anche l’esercito durante la guerra inserì stranieri fra gli italiani»
«La cosa più bella è quando la gente ti dice: siamo con lei. Soffrirai, farai fatica, ma queste sono soddisfazioni che ripagano. E che qualche altro candidato sindaco non conosce e non conoscerà perché io le tengo per me». Un Giancarlo Gentilini che raggiante è dir poco si è concesso ieri mattina a tutto campo a televisioni e giornali per commentare la vittoria al primo turno di Gian Paolo Gobbo e il successo della lista che porta il suo nome nel segno dell'accoppiata vincente G&G.
Certo: «Quel seggio che non voleva arrivare ci ha rovinato la festa. Occorre competenza da parte dei presidenti e dei segretari di seggio. Non può essere gente sprovveduta che si lascia prendere dalla frenesia o dal terrore. Pensavamo che fosse tutto finito per le nove». Invece il vicesindaco ha dovuto rinunciare al programmato ingresso "trionfale" nel salone del Palazzo dei Trecento. «Avevamo preparato bicchierate, affettati. Prima il sacro, la vittoria, poi il profano: magnàr e bevar alla trevisana».
Il risultato della "sua" lista l'ha sorpreso solo in parte: «Negli ultimi cinque anni sono stato in mezzo alla gente. Ma neanch'io immaginavo di ottenere una percentuale bulgara». Un segnale che i trevigiani hanno promosso la Lega per l'ennesima volta: «Io credo che questa sia una vittoria dei cittadini che hanno detto: perché devo cambiare? Cos'è che non va a Treviso? Siamo invidiati da tutti. Evidentemente vogliono il ventennio di Gentilini. Il nuovo ventennio. Però la mia fine sarà diversa. Ah! Ah! Ah!»
Tutti adesso lo attendono al varco per valutare il rapporto con il Pdl in giunta ma lui manda segnali rassicuranti: «Durante la guerra l'esercito italiano era composto solo da italiani, poi sono arrivate le forze abissine, libiche, eccetera. Tutti combattevano per lo stesso ideale. Anche qui le forze devono avere un unico scopo: obbedire ai cittadini. Ma bisogna che ci sia un generale che ci sia in grado di dare degli ordini precisi». Come Gentilini? «Ah, Io sono un generale con tre stellette e mezza, Il generale con quattro stellette è Gobbo».
Sarà anche vero, ma Gentilini e la sua lista hanno il loro peso e questo lo Sceriffo ha tenuto a precisarlo: «Col mio intervento ho stravolto i valori in campo. Se non ci fosse stata la mia presenza a Treviso forse il Pdl sarebbe sullo stesso livello del risultato nazionale, sul 30 per cento. Invece il 35 per cento ce l'ho io. Io sono l'ago della bilancia. Gli equilibri sono stati alterati. E quindi non ci saranno più certe "imposizioni". Adesso tutti calmi e tranquilli, perché Gentilini è come Attila: dove passa lui non cresce più l'erba».
Dopo il colpo al cerchio, quello alla botte per ribadire che il fatto che la sua lista abbia avuto più consensi della lista della Lega significa poco: «Questi sono fatti locali. Io sono un leghista doc, lo sono sempre stato e lo sarò sempre. Qui mi sono messo in gioco in prima persona perché c'era bisogno di dare una scossa all'ambiente. Quando si tratta di tirare sassi nello stagno io non mi tiro indietro. Ho gettato un sasso, si è mosso tutto e le rive non sono più quelle di prima».
Il vicesindaco ha analizzato le pecche delle altre squadre: «Rosi e i suoi hanno un limite che corrisponde al loro bacino di elettori; possono variare di un punto in più o in meno. Il destino di Sbarra e Bresolini era segnato così come quello della Tuzzato e di Atalmi». Poco conta secondo il vicesindaco che questi sia in consiglio: «È un ectoplasma che non è neanche rappresentato nell'arco costituzionale. E come io non tollero gli extracomunitari clandestini così non tollero gli extraparlamentari clandestini».
Camolei ha peccato di presunzione: «Forse credeva di arrivare al ballottaggio. È stato presidente dell'AerTre ma non l'ho mai visto in nessuna manifestazione. Il problema di queste persone è che non sono riuscite ad entrare nel tessuto della città. Io sono un bottone del vestito della città. E tutti mi dicono: signor sindaco, che bel vestito ha. A qualcuno piace di più quando tengo il bottone chiuso, ad altri quando lo tengo aperto. Però il bottone è sempre qua. Io sono uno della città».
Marco Gasparin
Prima sparata del nuovo mandato
[Modificato da ZakkTV 18/04/2008 22:29]