Breve storia di Maurice Evans

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HaRdFr3qu3ncy
00mercoledì 26 gennaio 2005 22:53




La Nba può essere una scommessa per il figlio di un idraulico del Kansas: Maurice Evans, vecchia conoscenza del Palaverde di Treviso, d’un tratto si è trovato per le mani l’occasione della vita. Dopo un inizio difficile con la lega più importante del mondo che spesso gli ha riservato delusioni.

Evans è un ragazzo che va avanti per la sua strada: al termine del suo ciclo liceale, 19 punti con 7 rimbalzi nel suo ultimo anno e riconoscimento come miglior giocatore del suo stato, rinunciò ad andare ai Kansas Jayhawks, il sogno di ogni ragazzo di quelle parti, per far parte del più piccolo programma di Wichita, un Junior College. Voleva stare vicino a casa: i suoi genitori vivevano in un condominio a 50 metri dalla palestra degli Wichita State Shocker.

La decisione di non andare a Kansas gli costò molto: nel suo anno da sophmore, con una media di 22.5 punti a partita, guidò la rivolta nei confronti del suo coach, accusato di avere atteggiamenti troppo violenti nel corso delle interminabili sedute di allenamento. L’Università avviò un’inchiesta per non costringere la Ncaa a occuparsi del caso e punì il coach. Evans disputò il suo terzo anno di college a Texas dove, con i Long Horns, fu il miglior marcatore della squadra con 15.6 a partita.

Il suo agente lo convinse della cosa più sbagliata, del fatto che la Nba gli avrebbe steso il tappeto rosso; in realtà non fu scelto. Qualche settimana dopo provò proprio per i Kings: “All’epoca – dice Geoff Petrie – era chiaramente un atleta e saltatore fantastico. Ma il suo tiro da fuori era troppo intermittente.”

La carriera del giocatore è passata per l’Europa, dalla Grecia e da Treviso, con lo spauracchio di dover tornare a Wichita per fare l’idraulico. In estate il CSKA lo avrebbe ricoperto d’oro per inserirlo nella squadra ora imbattuta in Eurolega. Evans ha preferito giocare le sue carte a Sacramento, sconfiggendo al tranin’ camp la concorrenza di David Bluthental, eroe nazionale israeliano, Courtney Aleksander e Ricky Minard.

“E’ un giocatore che eccita i tifosi come nessuno”, dice di lui Pete Carril. L’infortunio di Booby Jackson ha aperto nuove prospettive, il successivo scambio che ha portato via Doug Christie gli ha conferito il ruolo di prima addizione dalla panchina.

Evans è un giocatore che sul campo può fare molte cose: contro New York ha fatto segnare il suo career high (16) e nel quarto periodo ha tenuto Marbury a 1 solo punto. Contro gli Heat ha segnato 12 punti prendendo 7 rimbalzi in attacco. Il suo stile di gioco “volerino” è elettrizzante e pericoloso, considerati i 12 punti, cortesia di Carlos Boozer, rimediati per una schiacciata contro Utah. “Non ero nei piani dei Kings – dice l’ex Benetton – ma sono riuscito a fare la squadra. L’Europa mi ha reso un giocatore migliore. Non voglio smettere di lavorare per conquistarmi un contratto e un posto nella lega”. “Merita grande rispetto”, chiude Petrie.

Il suo presente parla di un contratto da 600 mila dollari che scade a giugno; non appena tornerà dal suo infortunio all’inguine potrà ricominciare a guadagnarsi il suo futuro.

In sua assenza i Kings hanno vissuto una domenica da cani in cui i San Antonio Spurs hanno vinto 103-73 all’Arco Arena. Tre settimane fa Sacramento aveva vinto 86-81 con 28 punti di Stojakovic: questo, da un lato, insegna che ogni sera della Nba deve essere presa come un breve capitolo di un grande romanzo. Nondimeno si può trarre un’indicazione: la squadra deve ricostruire i meccanismi, come è ovvio che sia.

“Prima della partita – ha detto Rick Adelman – avevamo parlato della forza della loro difesa sul lato forte. Sapevamo di dover muovere la palla e di dover ribaltare spesso il lato. Abbiamo giocato per tutta la partita prendendo un tiro dopo il primo passaggio.”
Peja Stojakovic ha segnato 8 punti, mancando la doppia cifra in punti per la seconda gara consecutiva. Webber si è distorto una caviglia nel secondo quarto; quando è rientrato, nell’ultimo periodo, tutto fasciato, non era in condizioni di stare in campo. Ha chiuso con 6 punti in 13 minuti. Non erano i Kings insomma.

“E’ la prima volta - ha commentato il giorno dopo coach Adelman dopo aver visionato la partita coi giocatori – che giochiamo in questo modo in casa. Se qualcuno mi avesse detto che in 48 minuti avremmo totalizzato un solo assist lo avrei ritenuto pazzo. Però non siamo una squadra di egoisti.” Semmai una squadra di realizzatori non ancora messa a punto. E, si sa, in questi casi, giocatori di questo tipo tendono a mettersi inconsciamente in proprio. Facilitando la difesa di San Antonio che ha “indirizzato” i tiri degli avversari.

Tony Massemburg, ex col dente avvelenato, ha sfruttato lo spazio ricevuto dopo gli infortuni di Nesterovic e Horry per segnare 16 punti con 8 rimbalzi: “So quello che giusto – ha detto dopo la partita – e cosa è sbagliato. L’anno scorso per come sono andate le cose (esclusione dal roster per i playoffs ndr) io ho sbagliato. I Kings avevano problemi allora e continuano ad averli: quindi non era colpa mia.” Impietoso.

In attesa di riaffrontare gli Spurs in Texas, Sacramento ha battuto 113-93 New Jersey; in assenza di Webber, Brad Miller si è preso gioco della “mini” front line dei Nets con 30 punti, 14 su 18 al tiro e 11 tiri consecutivi dal terzo quarto in poi. Una serata in ufficio per una squadra che ha sollevato il cartello dei lavori in corso.

All’orizzonte si stagliano San Antonio, come detto, Houston, Minnesota e Seattle.
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