Calcio veneto in crisi

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ZakkTV
00lunedì 17 agosto 2009 14:41
Da anni mi chiedo come mai la nostra regione abbia meno della metà squadre tra i professionisti rispetto ad altre regioni come Emilia Romagna, Lombardia e Toscana. Negli ultimi anni le cose sono peggiorate, quest'anno poi penso sia stato raggiunto il minimo storico: 7 squadre tra i professionisti, grazie ai fallimenti di Treviso e Venezia e alla retrocessione del Rovigo (la seconda in due anni). Nel Gazzettino di questa mattina si parla della crisi del calcio, anche se in riferimento al nordest e non solo al Veneto. Come mai questa situazione vergognosa ? Non siamo una regione meno ricca di quelle citate, e la crisi non è una scusa accettabile visto che si fa sentire ugualmente in altre zone d'Italia. Adesso la situazione è imbarazzante, ci sono regioni anche del sud che contano molte più squadre del Veneto tra i professionisti...

da www.ilgazzettino.it

SPORT & AFFARI

Lunedì 17 Agosto 2009,
di Giuseppe Pietrobelli


«L’intero movimento calcistico è caduto nella crisi più profonda mai vista... salvo rare eccezioni, tutte le società presentano bilanci con pesanti perdite economiche... ci attende un periodo recessivo all’insegna dell’austerity». Così parlava Ettore Setten, presidente del Treviso Calcio, nel 2003, quando ancora i fasti della serie A non erano arrivati, di fronte a un fatturato di neppure di due milioni di euro, mentre i soli costi di produzione sfioravano i 7 milioni. Insomma, la squadra era una barca che faceva acqua già allora, visto che incassava nemmeno un terzo di quanto spendeva. Parole che marcano questi giorni tristi ed emblematici per il Nordest in cui Treviso non ha più una squadra di calcio.
Ne hanno fatto tabula rasa i bilanci da fallimento, l’incapacità di trovare alternative imprenditoriali, la fragilità pallonara di una città che nel basket, nel rugby e nella pallavolo ha raggiunto primati ineguagliabili, ma con la palla rotonda del football non ha mai fatto quadrare i conti.. Il caso-Treviso, mentre si torna a parlare di calcio giocato, è la dimostrazione di come il Nordest capace di generare ricchezza economica non produce realtà calcistiche che tengano la scena da attrici di rango, club come imprese.
(Segue a pagina 2)


I casi di Treviso (cancellato dai campionati) e Venezia (dopo il crack ricomincia dalla D) dimostrano la grande fragilità nella gestione dei nostri club

Il calcio del Nordest si scopre povero da morire

Udinese e Chievo si salvano. Per molti altri è recessione. Cambia la geografia sportiva e le squadre di paese umiliano i capoluoghi



Lunedì 17 Agosto 2009,
(segue dalla prima di Sport)
Una squadra che muore in questo modo e lascia lo stadio "Tenni" senza più spettacolo, è un evento che marca nuove geografie. Ma non è isolato. Basta guardare il Venezia, il nuovo crack che ha rischiato di spazzarla via dai calendari, un’eventualità nefasta scongiurata con un’iscrizione per il rotto della cuffia alla serie D, grazie all’intervento dell’amministrazione comunale e di alcuni imprenditori affezionati a una maglia che porta tanti ricordi e anche successi.
Treviso e Venezia dimostrano come la piccola, grande storia del calcio che si rinnova ad ogni stagione con la fine d’agosto, conosce tempi davvero agri. E crea paradossi con i quali dobbiamo abituarci a convivere. Ribaltamenti di gerarchie, sfregi cittadini dove i quartieri o i paesi diventano calcisticamente più importanti dei capoluoghi. Sfottò che dileggiano smarrite nobiltà. Collassi finanziari, bilanci anoressici e poche realtà solide.
IL CALCIO MALATO. Appaiono lontani i tempi in cui, anni fa, sembrava che i campionati dovessero essere cancellati perchè le squadre non erano in regola. Eppure il quadro non è mutato, anche se non fa più scandalo. Bastano gli ultimi bilanci disponibili delle prime dieci squadre di A, chiusi a giugno 2008. L’Inter ha annotato una stratosferica perdita di 148 milioni di euro (il giro d’affari è di 197 milioni) che Moratti ripiana grazie alle sue ricchezze petrolifere. Il Milan a fine 2008 aveva registrato una perdita netta di 67 milioni di euro. La Juve un bilancio in rosso per 21 milioni. Per i primi 10 della serie A la perdita aggregata si aggira sui 200 milioni di euro, cinque società sono in perdita per 244 milioni, cinque in utile per 45 milioni (e tra queste l’Udinese). Tutta la serie A ha una perdita effettiva di 300 milioni di euro, prima del calcolo delle plusvalenze, le alchimie che salvano solo formalmente i conti, in base al valore dei giocatori.
DEBITI CON IL FISCO. Questa è la cornice per capire cosa accade a Nordest. Con una doverosa aggiunta, i debiti con il Fisco. Imponenti anch’essi. Irap, Irpef e altre tasse non ancora versate in serie A hanno raggiunto nel 2008 il valore di 214 milioni di euro, cui vanno aggiunti 6 milioni per contributi previdenziali. A casa nostra, il Chievo deve pagare 8 milioni di euro (3.2 per cento in meno rispetto all’anno precedente), l’Udinese tre milioni e mezzo (7.9 per cento in più). Nel 2007 la situazione era ancora più disastrosa, visto che il debito del calcio professionistico era di 755 milioni di euro, di cui 376 milioni accumulati della serie A. Ma quell’anno pesarono situazioni di fallimenti o ristrutturazioni, come il Parma, il Napoli, la Fiorentina e il Torino.
CHI SALE E CHI SCENDE. Il calcio ha bisogno di un fiume di soldi. I casi di Treviso e di Venezia lo dimostrano. Sul campo si vince se si hanno disponibilità, ma a volte non basta salvarsi (vedi Venezia) perchè poi sono i conti a decretare la retrocessione. La tabella di questa pagina indica i 14 principali club di Veneto e Friuli. C’è chi sale e chi scende. Le posizioni stazionarie sono 9: Udinese e Chievo in A; Cittadella, Vicenza e Triestina in B; Verona e Portosummaga in Prima Divisione; Bassano Virtus e Itala San Marco di Gradisca d’Isonzo in Seconda Divisione. Le posizioni in crescita sono solo due: il Padova che torna in B e la Sacilese che agguanta la Seconda Divisione. Quelle in calo sono tre: la scomparsa traumatica del Treviso, la rocambolesca iscrizione in D del Venezia e la retrocessione del Rovigo dalla 2. Divisione. Una grande staticità, segno dei tempi di recessione sportiva, a cui si aggiungono elementi di forte criticità.
UDINESE, UN MODELLO.Vent’anni fa l’Udinese rischiò grosso con gli scandali. Oggi è un modello. La società di Giampaolo Pozzo è la più sana e importante del Nordest. Nell’esercizio chiuso a giugno 2008 ha prodotto un utile di quasi 8 milioni di euro, con dividendi per 4 milioni, con un valore totale della produzione pari a 44,8 milioni di euro. Club competitivo, una specie di multinazionale etnica, ma che sa infiammare i friulani e attirare ancora gente allo stadio. Nel 2008-09 aveva in carico 24 stranieri e solo 11 italiani. Pochi giorni fa ha depositato i contratti di 7 nuovi giocatori, tutti stranieri. Import-export del pallone.
CHIEVO, UNA REALTÀ. Dopo sette anni di A (con un anno in serie cadetta), il Chievo non è più il paradosso del quartiere che insidia il capoluogo, la piccola che si è fatta grande. È una realtà che dimostra, tra l’altro, come la passione, la freschezza, la serietà manageriale producano frutti. E marca in riva all’Adige l’umiliante permanenza del Verona Hellas in Prima Divisione.
VICENZA SENZA SPRAZZI. È da lungo tempo che il Vicenza non regala sprazzi o emozioni. Eppure è sempre lì, con alti e bassi in serie B. Il che è quasi un miracolo, se si pensa che cinque anni fa, ai tempi della grande crisi, rischiò di non essere iscritta perchè aveva una perdita di 10 milioni di euro.
CITTADELLA, L’AFFRONTO. Cittadella marca la capacità di una realtà di periferia di farsi più grande del capoluogo. Quando arrivò in B per la prima volta, ci furono i primi laceranti derby con il Padova, raggiunto allo stesso livello di competizione. Ma poi Padova fu umiliato, visto che sgomberò il campo per serie inferiori. E Cittadella ha potuto guardarlo dall’alto in basso.
PADOVA, IL RITORNO. Adesso il Padova è tornato (in B), dopo aver patito affanni societari, ambiguità, operazioni non sempre chiare, che hanno comportato non solo un declassamento di club, ma anche una perdita di attaccamento alla squadra. «Siamo finalmente usciti dall’inferno della serie C» ha detto la vicepresidente Barbara Cabion presentando la campagna abbonamenti 2009-2010. Per il momento è tornato in Purgatorio, il cielo può attendere.
TREVISO, IL NULLA. Ci ha provato fino all’ultimo la nomenklatura leghista a salvare il calcio a Treviso, anche se i debiti della società per lo stadio "Tenni" hanno provocato il primo trauma, con l’ipotesi di giocare a Silea. Un affronto se si pensa alle fortune del rugby a Monigo e del basket-volley al Palaverde. Poi la cordata di salvataggio di Edy Sartori non ce l’ha fatta a garantire l’iscrizione dell’ASD Treviso 2009. È stato il ministro Luca Zaia a dare l’annuncio della bandiera ormai ammainata. Treviso non c’è più. Dalla serie D, Montebelluna e Quinto di Treviso possono permettersi campanilistici sogghigni.
PORTOSUMMAGA, LA RIVINCITA. La Prima Divisione del Portosummaga, da quasi vent’anni una realtà manageriale del calcio che un tempo era minore, costituisce una rivincita sul Venezia. Il capoluogo lagunare in serie D, la città di Portogruaro molto più in alto, confermando la promozione ottenuta nel 2008, quando la categoria aveva il vecchio contrassegno della C1.
VENEZIA, L’ORGOGLIO. C’è molto orgoglio, pervicacia, fede sportiva, nell’ennesimo tentativo della Venezia calcistica di non morire. Si era salvata in Prima Divisione ai play-out. Ma non l’ha salvata il giudice. Perchè dopo l’era Zamparini è stato tutto un fallimento. Prima con i Dal Cin, ora con i Poletti. Il Comune ha salvato l’iscrizione del Venezia che riparte dalla D, con l’aiuto di qualche imprenditore e con sponsor il Casinò (l’avvocato Mauro Pizzigati è il presidente temporaneo) e il Consorzio Venezia Nuova. Venezia allo stesso livello di Jesolo, Chioggia e San Vito al Tagliamento. È comunque un segnale di attaccamento di una città al suo calcio che fu glorioso. Anche se il futuro è tutto da costruire.
Giuseppe Pietrobelli

TV DOSSON
00lunedì 17 agosto 2009 15:31
Bel articolo [SM=x397209]
enricotv
00lunedì 17 agosto 2009 15:52
E' un discorso secondo me molto complesso, non è spiegabile in due righe.

L'impressione, comunque, è che gli imprenditori veneti non vedano nel calcio una fonte di guadagno o anche di maggior visibilità.
A Treviso Setten dopo l'anno della serie A è stato lasciato da solo, a Verona l'Hellas è da tempo senza un vero e proprio finanziatore (anche se Martinelli qualcosina la sta facendo), a Vicenza Cassingena è contestato da tempo, a Venezia i Poletti (trentini, tra l'altro) l'hanno fatto fallire.
Belluno e Rovigo non pervenute.

L'unica realtà decisamente virtuosa è quella di Padova, dove Cestaro spende e non poco e pare l'unico ad aver capito quanto investire nello sport può essere proficuo, visto che è anche presidente della Famila Schio (basket femminile) con la quale ha vinto tantissimo a livello nazionale e internazionale.

Eppure il veneto ha 4 squadre che hanno fatto decine di campionati in serie A, e il calcio qui è parecchio seguito...
Il custode della cripta
00mercoledì 19 agosto 2009 13:28
E' un problema molto complesso.
Io ho l'impressione che gli imprenditori veneti si confermino molto scrupolosi e realisti (il ché è positivo, qualora si facesse crudelmente prevalere la razionalità sulla passione).
Ho comunque anche la sensazione che tutto ciò si possa estendere alla popolazione in generale. Frasi del tipo "ci sono priorità ben più importanti del calcio" le leggo continuamente nei commenti degli articoli giornalistici online, ma le sento anche nella mia stessa famiglia, dove del Treviso non si interessa minimamente nessuno, io a parte [SM=x397155]
Credo sia quindi una questione di mentalità. Faccio presente che la regione Calabria, che di problemi ne ha quasi sotto tutti i punti di vista, sponsorizza la Nazionale con un sacco di soldi (e non penso che il ritorno di pubblicità copra queste spese...).
Al Sud le istituzioni sono spesso molto vicine alle squadre di calcio. Anche il Crotone di adesso mi sembra sia stato finanziariamente "salvato" dal comune o dalla provincia.

PS: l'articolo in questione è molto interessante, ma è ingeneroso nei confronti del Nord Est. Il Trentino Alto Adige non fa testo, (come le altre regioni montuose), e il Friuli credo stia avendo ottimi risultati. E' un problema solo veneto.
ZakkTV
00mercoledì 19 agosto 2009 13:36
Re:
Il custode della cripta, 19/08/2009 13.28:



PS: l'articolo in questione è molto interessante, ma è ingeneroso nei confronti del Nord Est. Il Trentino Alto Adige non fa testo, (come le altre regioni montuose), e il Friuli credo stia avendo ottimi risultati. E' un problema solo veneto.




Appunto, è un problema solo veneto. [SM=x397149] Ho postato l'articolo perchè era connesso a una questione che da anni mi fa riflettere.

enricotv
00mercoledì 19 agosto 2009 15:16
E' vero che nel Friuli ci sono l'Udinese in serie A (con ottimi risultati) e la Triestina in serie B, però ricordiamoci che gli altri due capoluoghi sono quasi allo sbando, soprattutto la Pro Gorizia che è retrocesso in Promozione lo scorso campionato, dopo che in passato era stata anche per 2 anni in serie B.

La domanda che mi pongo in questo momento è: perchè le squadre di piccole cittadine (e a volte anche di paesotti) vanno meglio dei nostri capoluoghi?

Su 9 squadre venete professionistiche, abbiamo ben 3 città non capoluogo di provincia (Cittadella addirittura in serie B, Portogruaro in C1, Bassano in C2).
Nel Friuli ben 2 su 4 non sono capoluoghi: il fatto che Gradisca d'Isonzo e Sacile, entrambe in C2, sono rispettivamente della provincia di Gorizia e Pordenone (i due capoluoghi "dilettantistici") fa alquanto tristezza...
ZakkTV
00mercoledì 19 agosto 2009 15:35
Forse gli imprenditori, vedi il caso friulano, tendono a investire inizialmente in realtà piccole, forse perchè così ci sono meno pretese e meno pressioni, e se le cose vanno male non ci sono critiche. Ma poi i arrivano risultati oltre ogni aspettativa, grazie anche a un lavoro svolto ottimamente, e queste piccole realtà si trovano dove dovrebbero trovarsi le squadre capoluogo della provincia di cui fanno parte. In Friuli o in Trentino questo fenomeno è più evidente, forse grazie alla scarsa tradizione delle squadre del capoluogo. Non è una coincidenza che Itala San Marco e Sacilese siano delle province di Gorizia e Pordenone, a fronte di Triestina e Udinese che vantando una grande tradizione "monopolizzano" il loro territorio.
enricotv
00mercoledì 19 agosto 2009 17:49
Però anche a Treviso e soprattutto a Venezia c'è una tradizione centenaria di calcio.
E' questo che io non mi riesco a spiegare.

Poi sono perfettamente d'accordo con te che in cittadine piccole come Portogruaro o Bassano ci sono poche pressioni, si viene a creare una grossa sinergia con le istituzioni che vedono nel calcio una grossa opportunità per dare visibilità alla città, e soprattutto si vengono a creare una società calcistica importata sull'impresa, come la Paluani al Chievo, Miodino a Portogruaro, la Diesel a Bassano e Gabrielli a Cittadella.
ZakkTV
00lunedì 3 gennaio 2011 15:19
da www.corrieredelveneto.corriere.it

PERIODO DIFFICILE

Il calcio veneto e le crisi societarie
«Ci sono i soldi, manca la passione»


Vicenza, Hellas e Venezia sono da tempo sul piatto. Zamparini: «E’ normale, solo Padova e Verona possono puntare in alto». Giordani: «Poco interesse»

In Veneto tre storiche società calcistiche sono in vendita

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VENEZIA—Verona in vendita e nel caos, Vicenza sul piatto ormai da mesi, Venezia in attesa di novità societarie importanti, Porto costretto ai salti mortali per sopravvivere, Treviso che cerca di ripartire dai dilettanti dopo il fallimento di due anni fa. Il Veneto del pallone respira affannosamente e i tempi d'oro in cui tre squadre (Vicenza, Verona e Venezia) sedevano al tavolo delle grandi di serie A sembrano assai lontani. Le uniche realtà a non soffrire sono Padova e Cittadella, oltre naturalmente al Chievo, da anni ormai unico rappresentante veneto (tolta la parentesi del 2005 del Treviso, durata appunto una sola stagione) nei salotti del calcio che conta. Quali soluzioni e quale futuro, considerate queste inquietanti premesse? Maurizio Zamparini, almeno per quanto riguarda Venezia, ci ha messo una pietra sopra ormai da anni, da quando lasciò il Veneto stanco di lottare contro i mulini a vento. «A quella decisione arrivai dopo tanti anni e con molto rammarico— sospira il presidente del Palermo — a Venezia, secondo me, non si può fare calcio di alto livello: le difficoltà che la nuova proprietà sta attraversando non mi sorprendono minimamente. L'unica possibilità era quella di costruire a suo tempo lo stadio sulla terraferma, ma come tutti sanno questa opportunità mi fu negata. Adesso credo che per questa straordinaria città non ci sia un futuro aperto in campo calcistico, se non in campo dilettantistico».

Diverso il discorso, almeno secondo Zamparini, per quanto riguarda Padova e Verona: «Se puntiamo a un calcio di primissimo livello — sottolinea l'imprenditore friulano —allora non restano che queste due piazze per puntare in alto. Hanno tradizione e due bacini d'utenza importanti. Per il Veneto il futuro lo vedo tra queste due realtà». Il concetto espresso da Zamparini viene condiviso pienamente dall'ultimo grande presidente che portò il Padova in serie A. E la lettura della situazione che dà Sergio Giordani è tutto fuorché ottimistica: «La realtà, almeno a Padova, è che gli imprenditori che avrebbero le potenzialità per acquistare la società ci sono—spiega —ma il problema è che sono completamente disinteressati al calcio. Basti pensare a tutta la fatica che ha fatto Marcello Cestaro per trovare qualche socio di minoranza disposto a mettere poche centinaia di migliaia di euro. In questo momento, Chievo a parte, mi pare che le uniche due realtà solide della nostra regione siano Padova e Cittadella. Il Vicenza da anni ormai cerca un proprietario che possa impostare un progetto a lunga scadenza, il Verona non riesce a disincagliarsi dalla Lega Pro, Treviso e Venezia sappiamo tutti attraverso quali problemi sono passati e il Portogruaro convive con una realtà difficilissima in cui il bacino d'utenza è quello che è e in cui gli investimenti fatti spesso non ripagano».

Per Giordani, in definitiva, non esistono soluzioni: «Uno come Cestaro — sottolinea — è una manna dal cielo per tutti i tifosi padovani, visto che si è appassionato alla piazza e a alla squadra e sta investendo tantissimo. Vuole la serie A e secondo me quest'anno o il prossimo al massimo la otterrà e se lo meriterebbe pure. Si sta circondando pian piano degli uomini giusti, che lo possono aiutare a realizzare un progetto ambizioso. In prospettiva vedo bene anche il Verona. Il problema principale è quello di scrollarsi di dosso la Prima divisione e la Lega Pro, un inghippo che ha inchiodato per anni anche piazze di straordinaria forza come Napoli e Genova. Mi aspetto che a un'eventuale promozione ne segua subito dopo un'altra, una cosa già accaduta più volte in passato».

Dimitri Canello
27 dicembre 2010(ultima modifica: 28 dicembre 2010)© RIPRODUZIONE RISERVATA

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2 COMMENTI COMMENTI
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Calcio Marcio
30.12|16:04
Lettore_1875018

Il Veneto è sano, il marciume del calcio non attacca. Chi va via dal Veneto va in Sicilia. Più chiaro di così.
Che sciocchezze
28.12|19:27
Lanerossi13

Questo articolo è una "summa" di sciocchezze e stupidaggini: sciocchezza è l'idea che ci siano i soldi e che manchi la passione. Casomai è il contrario. Stupidaggine è la tesi che Verona e Padova abbiano la possibilità di puntare in alto, dimenticando il Lanerossi Vicenza, che è la società per storia, tradizione e passione dei tifosi sicuramente più importante del Veneto.

enricotv
00lunedì 3 gennaio 2011 15:43
Sono sostanzialmente d'accordo con Zamparini e Giordani.
Da trevisani, perchè incazzarsi con un analisi del genere?
E' la pura, semplice verità.
Padova, Verona e mettiamoci anche Vicenza, hanno storia, pubblico e infrastrutture (leggi: stadio) per disputare un calcio di alto livello; noi no.
Il Treviso deve riconquistare al più presto la Lega Pro, pensando che è assolutamente la categoria giusta per i suoi parametri e nella quale possiamo prenderci delle belle soddisfazioni.
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