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CALCIO
Lanzara: «Brivido caldo? Vincere da ex al Tenni»
Ivanoe spegne i toni trionfalistici: «Con la mia QdP stiamo rialzando la testa ma attendo qualche conferma. Con il Treviso ho provato sensazioni molto forti»

05 novembre 2015

TREVISO. Qualcuno aveva pensato: eccola, è la nuvoletta di Lanzara, quella ereditata da Fantozzi. 4 sconfitte e una sola vittoria in 8 partite sembravano un brutto risveglio per chi aveva pensato di drizzare la schiena in Quartier del Piave. Poi il nostro eroe («Ivanohe, personaggio letterario, eroe dei telefilm che i miei guardavano. Ma siccome il prete non voleva nomi stranieri, mi hanno tolto quella ingombrante acca e sono rimasto Ivanoe, più comodo») ha fatto bingo: con la sua Union QdP ha espugnato il mitico - per i trevigiani - Tenni e battuto la squadra che da Nocera Inferiore l'aveva fatto trapiantare nella Marca, per vincere il torneo di C1 2002-2003. Dopo molte amarezze e poche gioie (calcistiche) consumate in questi anni, era difficile mascherare la soddisfazione.
Ivanoe Lanzara è una persona sorridente, positiva e si può ben dire che abbia giocato fino all'altro giorno prima di passare alla sola direzione di una squadra. Se andate su quel pasticcio-sempre-smentibile che si chiama Wikipedia, lo troverete segnalato come tesserato giocatore fino al 2014. Che poi sia andata diversamente e che Lanzara abbia smesso di fare l'allenatore-giocatore a Montebelluna, scaricato dopo aver salvato i biancocelesti, noi lo sappiamo, perchè ormai appartiene alla storia patria dei calciòmani trevigiani.
L’uomo ha perso i capelli ma non la memoria e l’onore: ha giocato infatti con squadrette come il Torino, il Leffe, il Prato, il Treviso, il Mantova, la Salernitana, l’Arezzo, il Venezia, il San Donà e il Montebelluna. 125 presenze e due reti - da difensore - in B (Treviso e Mantova). E ha vinto pure la supercoppa di Lega Serie C1. Con il Treviso nel 2003.
Mister, battere il Treviso da ex, con una squadra della provincia nemmeno messa bene in classifica, dev’essere stata una goduria...
«È stato bello, emozionante, importante per me. Certo gli anni passati con il Treviso, anni felici dal punto di vista calcistico, li ho misurati tutti in un colpo con questa vittoria».
Forse anche i suoi uomini stanno vivendo una settimana speciale, no?
«Sicuro. Già giocare al Tenni è un’emozione, ma battere il Treviso è una cosa da raccontare. Speriamo che facciano come me: morale alto ma attenti a quel che ci attende. Avanti, mai indietro».

Domenica vi aspetta la Feltrese.
«Già, e anche a proposito della nostra prossima avversaria va detto che non tutto è come appare. Partita male, la squadra bellunese ha trovato la sua giusta dimensione e ha drizzato la schiena: sono bastati un paio di risultati positivi...».
Come ha visto il Treviso, è proprio crisi nera?
«A questo facevo riferimento parlando della Feltrese: non ho visto un grande Treviso, ma sulla sua classifica va detto che hanno influito anche importanti infortuni a inizio di torneo».
Ma è servito cambiare mister?
«Non la metto in questi termini, non do giudizi, mi limito a riportare un dato di fatto».

Dunque anche l’Union QdP ha di meglio da dare?
«C’è qualcuno, importante ai fini del gioco che mi ero disegnato in testa, che non è ancora al meglio. E questo significa che abbiamo sofferto. Certamente si è trovata, con la buona volontà e la disponibilità dei singolo, una soluzione temporanea più che dignitosa, ma non era questo il gioco che mi ero prefigurato per la mia Union».
Non sono stati anni facili per lei. Da quando, giocatore, prese in mano al volo anche il timone del Montebelluna e a fine stagione le diedero il benservito. Nonostante la salvezza giunta in modo sofferto.
«Dal Monte ho imparato a non sovrapporre i due ruoli, specie se non sei sicuro che nessuno soffi alle tue spalle cercando piccola gloria».
Poi la storia del Ponzano. Strana.
«Mi chiesero di cercare di salvare la squadra. La diedi, avevo la disponibilità di 4-5 giocatori utili alla causa, ma quando chiesi di mantenere la parola, sfruttando la disponibilità di alcuni giocatori facendone uscire altri, mi venne creato un problema. Mollai l’osso in fretta: i patti andavano mantenuti, ma evidentemente non c’era la disponibilità».
Poi arrivò la prima Union della sua storia, quella di Quinto. Presa al volo e salvata, con tanto di disputa dei playoff, ma senza riconferma.
«Non è certo stata una decisione del Quinto. Fui io a non voler proseguire. Venivamo da un anno difficile dal punto di vista societario, il presidente non aveva abbastanza tempo da dedicare alla squadra, i conti, in prospettiva di un mantenimento del livello, traballavano. Non c’erano prospettive solide per progettare qualcosa di serio per il futuro e io decisi che era meglio saltare un giro che farsi del male. Ancora adesso non mi sono pentito di nulla».
Adesso c’è l’Union QdP, un’avventura cominciata... un po’ così...
«La prospettiva qui è seria, ovvero il mantenimento del ruolo, ma non mi stanco di predicare di volare basso.
Certi giocatori sono ancora in ritardo, abbiamo un po’ trovato il bandolo della matassa, ma, ripeto, non è certo un bandolo che ci consente di sognare. Si tratta di fare al meglio il nostro dovere. Poi, se alcune cose andranno a coincidere, penseremo ad altro, ma chissà».
Antonio Frigo
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05 novembre 2015