Da gazzettino.it
Venezia, un prosecco di troppo
Luca Zaia intende difendere la tipicità del prodotto Doc della Marca: «Richiesta inopportuna»
Conegliano
Ci mancava la guerra del prosecco. Ufficialmente, nessuno l'ha dichiarata. Ma, nei fatti, da un paio di giorni i rapporti fra i prosecchisti trevigiani e i produttori vinicoli veneziani non sono certo idilliaci. Un conflitto di interessi, alla luce dell'enorme mercato conquistato dal prosecco in tutto il pianeta. Merito dei trevigiani, si moromora di qua del Piave. Merito un cavolo: nessuno vieta di produrre prosecco, è la voce che rimbalza dal Veneziano.Ambasciatore di pace, dovrebbe esserlo Luca Zaia, nella scomoda, in questo caso, veste di vicegovernatore del Veneto. Ma Zaia deve anche fare i conti con il popolo dei 3.300 prosecchisti che non intendono rassegnarsi alle istanze mosse dai veneziani, partorite in quel di Lison di Pramaggiore, nel corso di una riunione apparsa, agli occhi dello stesso Zaia, galeotta: «Qualcuno è entrato a gamba tesa». Basta e avanza per capire che la situazione potrebbe avere ripercussioni impensabili. Anche a livello politico. Se è vero che sulla sponda veneziana, gioca il senatore azzurro Paolo Scarpa.Nocciolo della questione, dunque, è la richiesta che il prosecco venga prodotto anche nell'area Doc Lison Pramaggiore.«È una guerra fra poveri»: il vicegovernatore, ieri mattina, non ha atteso molto per mostrare i paletti che intende ficcare nella diatriba. Scegliendo il Cerletti, quale sede dell'incontro con la stampa. Una scelta dai molti significati: perché l'enologico di Conegliano è la sua ex scuola, perché da qui dovrebbero uscire le menti che, domani, avranno la responsabilità di gestire i destini del prosecco. Tecnici preparati, ma, evidentemente, non basta. «Devo difendere gli interessi di chi ha creduto fino in fondo, quando ha iniziato, a produrre prosecco: ha creduto in un vino che cinquant'anni fa nessuno pensava potesse avere un mercato».
Una "gamba tesa" arrivata proprio mentre i produttori trevigiani stanno mettendo in discussione la loro area di produzione per dare concretezza alla "tutela del nome". Perché il prosecco ha un piccolo guaio da risolvere. Lo spiega il vicegovernatore: «Portando il nome della vite, quel nome di può usare in tutto il mondo. Allora i produttori dicono: se esiste una legge che ci consente di utilizzare il nome in esclusiva, vediamo di ridisegnare le aree di produzione». Il tavolo nato nella Marca intende consegnare alla Regione un progetto di nuova Doc: chi rientrerà in questo ambito potrà utilizzare in esclusiva il nome Prosecco. A questo punto la Regione, prima di passarlo al Ministero, dirà: qualcuno ha osservazioni da fare?
E torniamo alla gamba tesa, che ha lasciato segni sulle caviglie di Zaia: «In questo contesto, grazie a riunioni discutibili, emerge la richiesta per la Doc Lison Pramaggiore, del riconoscimento del vitigno prosecco. Una richiesta legittima, sia chiaro. Ma in quella zona devono ricordarsi che in tempi non sospetti si rifiutarono di iscriversi nella lista dei vini, perché economicamente poco competitivo sui mercati. Peccato che quest'anno l'incremento della vendita della Doc del prosecco sia stato del 108\%».
Zaia darà comunque una risposta alla richiesta, ribadendo: «Si stava chiudendo un ragionamento utile a tutti, ora si rischia di far saltare la riserva del nome. E poi va ricordato che la richiesta viene fatta per 3-4000 ettari, la metà della produzione!».
Soluzioni? Eccone una: «Invito tutti alla calma, ad un tavolo regionale coinvolgendo le parti: da un lato so che c'è questa richiesta, ma dall'altro so che ci sono i produttori delle nostre colline che si sono rotti la schiena per anni, non per fare un vino, ma per creare un fenomeno».
Giancarlo D'Agostino
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