00 09/01/2010 18:45
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GIOCHI 2020
«Olimpiade a Venezia, poche chance»
Di Centa, membro (votante) del Cio: «Anche Roma in seconda fila. E vi spiego perché»



Manuela Di Centa con il vice presidente Luca Ciriani (archivio)

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VENEZIA — Diretta, veloce, proprio come quando volava verso l'oro nel finale di Lillehammer. Manuela Di Centa è una che di Olimpiadi se ne intende, eccome (sette medaglie in cinque edizioni, due d'oro proprio ai Giochi invernali norvegesi del 1994) ed è tra quelli che di fatto decidono dove portarli, i cinque cerchi (è uno dei cinque membri italiani del Cio con diritto di voto). E non ci gira intorno: che Venezia si accaparri l'edizione del 2020 sarà, se non impossibile, di certo una bella una gara a ostacoli. «Mi piacerebbe molto che la candidata italiana, Roma o Venezia che sia, vincesse l'assegnazione dell'edizione 2020 - inizia la Di Centa - ma allo stato attuale è molto difficile, per una serie di motivi».

Tra questi, il principale: per Venezia, anche ammesso che vincesse la battaglia con Roma, sarebbe la prima candidatura, visto che la Capitale ci aveva provato già nel 1997, perdendo il ballottaggio con Atene per l'organizzazione del 2004. E nella storia dei Giochi, le città che ce l'hanno fatta al primo colpo sono pochissime: un esempio è Atlanta, sede, però, della Coca Cola e della Cnn, colossi che il Belpaese non può neppure sognare di avere e quindi di giocare per la propria causa. «Sicuramente la candidatura italiana sarà ricca di fascino, ma la concorrenza sarà molto forte», avvisa l'ex campionessa, ora parlamentare del Popolo delle Libertà.

Secondo la Di Centa quindi, le possibilità reali di portare in Italia i Giochi sono pochine, e questo a prescindere da quella che sarà la scelta del Coni a primavera tra la Capitale e il Nordest. Il ragionamento dell'alternanza, infatti, ha sempre funzionato, ed è piuttosto semplice: è dall'immediato dopoguerra (Londra '48-Helsinki '52) che l'Olimpiade non viene organizzata per due volte consecutive nello stesso continente. Il Sud America, che con Rio si è aggiudicata l'edizione 2016, è quindi da scartare, e pochissime sarebbero le possibilità di una candidata africana o oceanica. Rimangono in corsa quindi tre colossi: Asia, Europa e soprattutto Nord America, che non ospita i Giochi estivi sul suo suolo dal 1996: e nel 2020 saranno passati da allora 24 anni, troppi. Quali sarebbero quindi le possibilità per una città alla prima candidatura? «Poche, anche se di sport si tratta, e con una candidatura fortemente condivisa dal sistema Paese una vittoria a sorpresa non si potrebbe certo escludere», constata la Di Centa.

De Coubertin, che l'Olimpiade moderna l'ha creata, diceva che l'importante non è vincere, ma partecipare. Anche solo arrivare all'atto conclusivo (nel 2013, probabilmente in Asia, continente dove per inciso Venezia ha una popolarità che non ha eguali) sarebbe dunque importante, fosse solo per un discorso di visibilità. Ma per Venezia rimane l'ostacolo Roma, avversaria dura da battere. La Di Centa, oltre a essere rappresentante della maggioranza di governo e membro del Cio, fa anche parte della Giunta esecutiva del Coni, che deciderà quale sarà la candidatura italiana, non si può sbilanciare: «Se avessi una preferenza, non potrei certo comunicarla - spiega - E comunque non la posso avere finchè non mi arriva il dossier delle due città». Non tutti però, all'interno del Coni, sono così sportivi e olimpici: nell'ultimo mese la componente romana si è fatta sentire nei palazzi che contano per appoggiare la città eterna, così come il Comitato veneziano ha cercato protezione dai nomi più in vista della Lega Nord nella capitale.

Ma i giochi di potere, secondo la Di Centa, non influiranno: «Posso assicurare che le spinte politiche conteranno poco o nulla: a seconda dei documenti che ci porteranno Roma e Venezia, verrà scelta quella che sarà ritenuta più idonea e con più possibilità di vittoria finale. Al Cio ti chiedono quali impianti ci sono già, quali sono le distanze, come sono le infrastrutture e la ricettività, mica che partito ha spinto la candidatura. La politica deve starne fuori più possibile». Parola da donna di sport.

Andrea Saule
08 gennaio 2010
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