PER IL SINDACATO DEI CALCIATORI E' UNA VIOLAZIONE DELLA LIBERTA' DI ESPRESSIONE
Il divieto di bestemmia che la Federcalcio ha introdotto da un mese è diventato un caso internazionale perché l’organizzazione mondiale che rappresenta i calciatori professionisti l’ha considerato «una violazione dei diritti fondamentali per la libertà di espressione». «Può darsi che in alcune occasioni i calciatori esprimano questo diritto in forma non adeguata, proferendo frasi volgari, però in questo modo possono manifestare liberamente la propria opinione», ha aggiunto l’avvocato Wil van Megen in una nota pubblicata sul sito dell’associazione, la Fifpro.
Il legale non specifica se c’è l’intenzione di chiedere l’annullamento della norma dal momento che, a suo dire, il divieto potrebbe esistere solo se votato dal Parlamento. Tuttavia non sono mancate le repliche in campo italiano, quasi tutte di consenso alla decisione benedetta dal presidente del Coni, Petrucci, da sempre tenace nemico delle espressioni blasfeme molto comuni nello sport. «La Fifpro - ha commentato lo stesso Petrucci - ha perso una buona occasione per tacere». E il vicepresidente federale, l’ex milanista Demetrio Albertini, il cui fratello è prete, ha aggiunto: «C’è un modo di comportarsi in campo che non prevede atti volgari e offensivi come le bestemmie: a questa logica ho sempre cercato di ispirarmi nella mia carriera». Non altrettanto si può dire del presidente degli allenatori, il toscano Renzo Ulivieri, il quale però si unisce ai giudizi della stragrande maggioranza: «Secondo me usare un linguaggio blasfemo non è una libertà di espressione ma un esempio di cattiva educazione». Per Giovanni Trapattoni «si proibisce il fumo in panchina per educare i giovani e poi consentiamo espressioni del genere? Mi sembra strano. Capisco i momenti di tensione ma quasi sempre quell’espressione è gratuita, ripetuta e viene da chi ha ricevuto una cattiva educazione. E poi ho sempre detto ai miei calciatori: se sei un somaro e sbagli cosa c’entra Dio?».
Dunque un fronte compatto a difesa della norma per la quale i primi a pagare con la squalifica sono stati l’allenatore del Chievo, Di Carlo, e l’attaccante del Parma, Lanzafame. Ma chi ha ispirato l’intervento del sindacato internazionale? «Non noi - ha detto Leo Grosso, vicepresidente dell’Assocalciatori - Quando ne abbiamo discusso in consiglio federale eravamo d’accordo sull’opportunità di dare un segnale positivo».
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