da www.gazzettino.it
A Mansuè (Treviso), il comune più romeno d'Italia
di Giuseppe Pietrobelli
«Non è che non vogliamo i romeni, noi non vogliamo i delinquenti. Ma siccome la maggior parte dei reati sono commessi dai romeni, allora i romeni - non tutti per carità - sono delinquenti. E non li vogliamo. Perchè sono delinquenti, non perchè sono romeni». Il sillogismo trova la sua forma compiuta attorno al tavolo, nelle parole di un gruppo di uomini che giocano a carte, dentro il bar L'Amico, nel cuore di Mansuè , piccolo paese nella campagna trevigiana, che è - demograficamente - una Bucarest lillipuziana. Qui i romeni sono il 75.7 per cento degli immigrati, il 12.3 per cento di tutta la popolazione.
(Segue a pagina 5)
Mansuè, la piccola Bucarest della Marca trevigiana
Il comune più romeno d’Italia: più di un abitante su dieci arriva dal Paese dell’Est. «Ma tre su quattro sono nascosti»
(Segue dalla prima pagina)
Mansuè sta a una manciata di chilometri da Gorgo al Monticano. Il ricordo della paura, l'emozione collettiva sono ancora forti per il massacro di agosto che non si può dimenticare, i poveri coniugi Pellicciardi uccisi come animali da due albanesi, con un giovane operaio romeno quale basista e complice. Il paese non ha nulla che assomigli alle città rumene, anzi è un tipico villaggio moderno del Nordest cresciuto in fretta. Una chiesa bianca, semplice, circondata da bar. Le case sono ristrutturate, le strade larghe, i giardini circondano ville in perfetto stile italiano che tradiscono una ricchezza da "padroncini", artigiani con la fabbrichetta. E poi ci sono le urbanizzazioni, edifici tutti simili, colorati, moderni, perfetti per la gente venuta da lontano.
Per chi ci passa in fretta, andando da Oderzo verso Pordenone, è un centro uguale a tanti altri. Ma basta fermarsi, chiedere un'informazione al primo che si incontra, per capire che qui c'è qualcosa di particolare. «Scusi... Mansuè ?». Al distributore c'è un solo automobilista. Accento straniero, italiano corretto. «Vada alla rotonda, svolti a destra...». Lei è romeno? La conferma non tradisce tentennamenti. «Sì, ho visto qualcosa in tivù, è brutto, molto brutto».
Questo guardare da lontano, senza coinvolgimenti, al problema della sicurezza, quasi a chiamarsene fuori, è una costante in paese, tra gli stranieri. Che poi sono tutti romeni, come confermano in Comune. La statistica di settembre non mente. I cittadini sono in totale 4.808, 2.467 maschi e 2.341 femmine. I romeni sono 592, unici europei se si escludono 12 polacchi, e quindi il 98 per cento dei cittadini comunitari. In totale gli stranieri sono 782, visto che gli extracomunitari arrivano a quota 178. La statistica dimostra che sono romeni il 75.7 per cento di tutti gli immigrati e un abitante su 8 (12.31 per cento).
Come si vive in questa realtà inconsueta, che ha qualche similitudine con piccoli centri del Vicentino, dove le percentuali di stranieri sono alte, ma non riconducibili a un'unica nazionalità? Il bar è un luogo perfetto, alle 2 del pomeriggio, per capire. Ci sono solo gli italiani, a quest'ora i romeni sono in fabbrica, o stanno finendo di consumare un pasto frugale, fatto perlopiù di panini. Un uomo dalla barba bianca, un po' ebbro si sforza di mettere a fuoco il problema. «Cinquant'anni fa noi andavamo per il mondo, oggi dobbiamo accettare gli altri... se sono onesti. Se sono delinquenti... nooo».
E centra il nocciolo della questione. Basta entrare nella sala delle carte. E ascoltare le risposte. «Con loro non ce l'abbiamo, ma con i delinquenti sì. E con Prodi che non si accorge dei problemi e con Mastella che ha pensato solo di fare l'indulto per metterli fuori» dice un signore con i baffi, che si dichiara «leghista per forza, non per vocazione». Un altro: «Sono solo 600? Ma lo sa che per ogni rumeno ufficiale ce ne sono altri tre nascosti?». Ma adesso non devono più fare i clandestini. «Sono tutti zingari, anche quelli che non lo sono. Il problema è capire chi è buono e chi non lo è».
Che siano venuti per lavorare è certo. Almeno la stragrande maggioranza. Daniele Maronese, titolare di alcune aziende, che dà occupazione a una settantina di romeni. «Uno di loro me lo ha detto: "In Romania non possiamo fare i delinquenti, perché ci mettono in prigione e non ci mollano più. Qui da voi è diverso"». Lui gli operai li scegli di persona: «Ne tengo uno ogni dieci che provo. Per lavorare, lavorano. Ma quando suona la campana vanno a casa, dovesse cascare il mondo». Di manodopera straniera c'è bisogno. Per questo i romeni hanno cominciato a venire.
«Io sono andato in Svizzera tanti anni fa e sono finito in un paese dove c'era gente di Mansuè . Così fanno anche loro, cercano parenti e amici» spiega un altro avventore. «Io sono stato uno dei primi a portarli qui, erano i primi anni Novanta». Renzo Maronese è un omone dai capelli lunghi e neri, imprenditore del legno. «Allora telefonai a un prete ortodosso che conoscevo a Roma. Cercavo lavoratori e mi disse che ne aveva dieci pronti a venire. Andai a prenderli alla stazione a Sacile». Qualcuno insinua che è ancor oggi un'accoglienza interessata per manodopera a basso costo. «Macchè i romeni costano come gli italiani».
E tutta questa feccia che riempie la cronaca nera? «Una volta era meglio, perché venivano per lavorare. Adesso, con le frontiere aperte, arriva di tutto, compresi i più pericolosi». Nel bar volano le battute. «Sì, li prendete come operai, ma poi vengono in casa a farvi le pulizie due volte all'anno...». Infatti, di furti ce ne sono stati. Qualcuno è stato colto in flagrante. «Sei-sette anni fa scoprii dove tenevano la refurtiva, dentro un pozzo secco, da cui venne fuori anche una televisione che avevano rubato a mio zio. I carabinieri li arrestarono» dice un altro. «Per me è brava gente, puntualissima con l'affitto. Pulita e ordinata. Violenza? Zero» Livio Lion ha affittato qualche appartamento alla gente dell'Est. «A chi dovrei affittarli? Gli italiani si comperano tutti la casa. Ma adesso cominciano a farlo anche loro».
Sono pochi i romeni per strada, di giorno. Cornelio Ilie, 34 anni, è in bicicletta con la moglie. «Quello che è successo non mi piace, bisognerebbe far venire solo chi ha un lavoro». Alexandra ha 12 anni, Loredana ne ha 13, frequentano le medie, in Italia sono venute due anni fa, ricongiungendosi al padre che aveva già un posto in fabbrica. «Va così così. Sì, ci sentiamo accettate, ma preferiamo stare in gruppo con i romeni». Un uomo esce da un condominio, non dice il proprio nome: «Qui lavorano tutti, il casino lo fanno a Roma, dove ci sono le discoteche, si divertono. Qui non abbiamo tempo da perdere».
Giuseppe Pietrobelli
Se Napoli è la terra del sole meglio la nebbia!
Mat-tv, 08/06/2007 1.02:
il gemmellaggio piu' brutto d'Italia.. sono due realtà che mi stanno parecchio sui coglioni, ma se devo scegliere la soluzione meno peggio preferirei Genoa in serie A e Napoli ancora qualche anno in B. realisticamente pero' secondo me il Genoa non riuscirà a vincere domenica, il Napoli andrà in serie A, e a me gireranno i coglioni nel vedere la festa che faranno in quella fogna di città, anche perchè sarà la notizia d'apertura di molti telegionali... in 5 su uno scooter, con 9 bandiere , 7 trombette e 0 caschi, intenti a festeggiare urlando frasi dislessiche cercando contemporaneamente di evitare i cumuli di 'MUNNEZZA