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Tentoni si riprende il Treviso che rischia i playout
Calcio. Il mister: «Avevo chiesto la conferma di Mensah e Gnago, la squadra non l’avevo costruita io»
di Silvano Focarelli
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24 marzo 2015
TREVISO. Davide Tentoni immaginava che prima o poi il Treviso l’avrebbe richiamato. «C’erano stati dei presupposti qualche tempo fa, inutile negarlo, ma si sono verificate delle dinamiche che non l‘hanno permesso. La tempistica è limitata, mancano cinque partite e sinceramente mi sarebbe piaciuto essere tornato già da qualche settimana».
Gianluca Rorato è durato 13 gare: 3 vinte, 6 pari, 4 perse: restituisce la squadra al nono posto dopo averla presa al quarto. Errori ne ha commessi, la maggior parte però è copyright della squadra: il giusto atteggiamento da tenere in campo non si insegna, lo si ha o no. In tutti i casi è una bella patata bollente: Tentoni, poteva rifiutarla? «No, per due motivi. Deontologico: è giusto che un allenatore professionista risponda alla chiamata di un club e di un presidente, Marcello Totera, che con me ha sempre dimostrato grande correttezza. L’altra motivazione è affettiva. Questa è una piazza a cui sono legato da tre anni e con la quale ho ottenuto anche una promozione».
Lei rispetto a prima trova nuovi dirigenti e giocatori: cosa le ha chiesto la società, quali gli obiettivi da qui alla fine?
«La cosa che più mi preme è capire che aria tira nello spogliatoio. Ai ragazzi chiederò un grandissimo senso di responsabilità e dignità, nel calcio come nella vita ci possono essere momenti negativi, ma bisogna dimostrare soprattutto a se stessi che c’è la volontà di una reazione. Il mio lavoro sarà ridare al Treviso una vitalità mentale e riuscire a riprendere in breve un discorso tecnico-tattico: una sfida che sarà vissuta giorno dopo giorno».
Tentoni, avrà pure qualche sassolino da togliersi vero?
«No, non sono il tipo, però vorrei chiarire alcuni concetti. Quando la scorsa estate fui riconfermato chiesi qual era l’obiettivo, risposero un torneo dignitoso, possibilmente di vertice, in una società che doveva consolidarsi e crescere. Vincere il campionato no, per quello ci vogliono tempo e risorse. Avevo chiesto la conferma di Mensah e Gnago: niente da fare, questioni economiche e burocratiche che poi però altri hanno risolto. E la squadra tutto sommato non l’avevo costruita io, ciò nonostante non mi sono mai lamentato: me ne sono andato in zona playoff ed una semifinale di Coppa Italia da giocare. È evidente che qualche dirigente ha avuto la presunzione di credere che la squadra potesse dare di più ed io sono diventato il capro espiatorio. Sono stato accusato di troppa professionalità, e qui mi viene da ridere, e di essere aziendalista: la strategia era quella di far giocare tutti ed al mercato invernale operare la scrematura, perché una rosa troppo ampia non va bene. Mi dispiace che nessuno abbia avuto il coraggio di fare il mea culpa, un allenatore è forte quando ha una dirigenza forte alle spalle. Ma rivangare il passato non serve, ora chiedo di poter lavorare, assieme al mio staff, con fiducia e trasparenza, qui c’è un Treviso da ricostruire psicologicamente, una squadra con delle buone qualità, che tuttavia sono state ancora inespresse».
Impatto morbido contro il Quinto, la squadra materasso. E senza tifosi: anche qui non pare una grande sfortuna…
«Domenica giocheremo soprattutto contro noi stessi, abbiamo un fantasma da scacciare, Quinto o Noale cambia poco, sarà il Treviso a doverci riuscire; in quanto al pubblico mi dispiace molto che non ci sia, il calcio senza tifosi per me è come una birra senza schiuma».
24 marzo 2015