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da www.lastampa.it

26/4/2008 (7:16) - IL CASO - LA BAMBINA HA PROBLEMI PSICHICI
Violentata a dieci anni accusa un nero
Ci vorranno 48 ore per avere le analisi del Dna

Non ha lividi, ma i medici
confermano lo stupro

ANNA SANDRI
SANTA LUCIA DI PIAVE (Tv)
La bambina è tornata a casa verso le 19,30, ora di cena. Con i suoi dieci anni disarmati da una disabilità psichica non lieve, di fronte alla tavola apparecchiata ha cominciato a piangere, a dire che stava male, che le faceva male la pancia. Così tanto male, e lacrime così disperate: i genitori l’hanno accompagnata all’ospedale più vicino, Conegliano Veneto. Era mercoledì sera e da allora Santa Lucia di Piave, ottomila anime sulla Sinistra Piave a metà strada fra Treviso e Conegliano, vive nell’incubo dell’uomo nero. Perché sulla bambina, visitata dai medici del pronto soccorso, sono stati riscontrati segni di violenza; non aveva lividi né graffi in nessuna parte del corpo, ma addosso aveva materiale organico inequivocabile. Ascoltata da un neuropsichiatra infantile, ha raccontato: ha parlato del pomeriggio passato al parco fino alle sette, perché tanto adesso c’è luce fino a tardi, e di un uomo giovane con la pelle nera che le aveva fatto delle cose brutte, da farle venire mal di pancia.

Dopo la denuncia della bambina, i carabinieri hanno fermato un giovane marocchino, che la pelle scura ce l’ha davvero, anche se non proprio nera. Abita poco lontano dalla famiglia della piccola. Fermato in base alla legge Bossi Fini, perché non era in regola con il permesso di soggiorno, non si vede al momento contestare alcuna accusa che possa essere in qualche modo collegata a quanto raccontato alla bambina.

Ma cosa è accaduto, davvero? Qualcosa di orrendo qualunque sia la verità (non così scontata) che arriverà alla fine delle indagini: all’esito dell’esame del Dna, prima tappa fondamentale, dovrebbero mancare non più di 48 ore. La bambina, e questo è l’elemento drammatico, ha davvero subito abusi: il suo corpo ne porta la traccia, ma quello che è successo non è successo mercoledì, e nemmeno al parco. Il parco all’ora indicata da lei era chiuso, sui suoi vestiti nessun residuo d’erba o di terra. No: i segni di abuso che porta addosso sono chiari ma non sono recenti. Potrebbero indicare addirittura molestie continuate.

Da parte di chi? Sicuramente da parte della persona che mercoledì l’ha ancora molestata, forse in una casa e non all’aperto. Così facendo, ha lasciato sulla piccola vittima la sua firma. Ma perché la denuncia della bambina, così precisa sul parco e sull’uomo con la pelle nera, e come incasellare il suo racconto nella verità?

La bimba, che va regolarmente a scuola e ha un buon livello di relazione con i coetanei, ha problemi psichici e non è del tutto autonoma. E’ seguita dai servizi sociali; la sua famiglia, «persone perbene e corrette» come tiene a dire il sindaco Fiorenzo Fantinel, non vivono una situazione facile, tra difficoltà economiche e culturali.

Ieri mattina i genitori si sono allontanati dal paese per sottrarsi alle chiacchiere di tutti, temendo di poter essere identificati; la bambina è rimasta a casa con i parenti, ha giocato serenamente. Basta questo per scardinare almeno una parte del suo racconto: la violenza non può essere avvenuta mercoledì, le lesioni non avrebbero altrimenti consentito la sua dimissione dall’ospedale in tempi così rapidi. Ma il suo grido di aiuto ha portato alla luce una verità spaventosa: qualcuno dovrà risponderne.

Il cerchio dei carabinieri si stringe intorno al piccolo mondo della bambina, che proprio per la sua fragilità frequenta solo la casa, la scuola sotto controllo degli assistenti sociali, la strada del quartiere e quel parco, che sta dietro una casa di riposo, è proprietà della parrocchia e alle sette di sera è chiuso.