L arbitro e le assenze stoppano il Pordenone
Messaggero Veneto — 14 ottobre 2010 pagina 16 sezione: PORDENONE
PORDENONE. Metti assieme una direzione arbitrale discutibile, una squadra che, pur in versione “B”, gioca al di sotto delle sue possibilità, un avversario cinico e il gioco è fatto. La corsa in coppa Italia di serie D del Pordenone finisce in questo modo. I neroverdi escono dai sedicesimi di finale della competizione per mano dell’Este: avanti i giallorossi, vittoriosi 2-1 ( tabellino e cronaca nello sport nazionale ). La squadra di Zattarin affronterà negli ottavi il Chioggia, capace di superare il Sandonà/Jesolo di Tedino per 3-0. Il sogno di ripetere la splendida cavalcata dell’anno scorso va in frantumi: resta solo il campionato. In cui i ramarri, domenica, saranno di fronte alla partita-bivio con la capolista Treviso. Il morale è a terra, ma bisognerà reagire. Direzione arbitrale. Premessa doverosa, a difesa del Pordenone: l’arbitro di ieri, Zuliani di Vicenza, ci ha messo del suo. Due gli episodi su cui il direttore di gara ha messo influito. La prima: l’espulsione di Battiston al 9’ della ripresa. Il difensore neroverde è stato cacciato per frase blasfema dopo un fuorigioco non fischiato. Applicazione forse un po’ troppo fiscale del regolamento. Tanto che Battiston, uno che alla maglia tiene davvero, ha lasciato deluso il Bottecchia subito dopo il fischio finale. La seconda: il gol di Rondon. La rete che ha tagliato le gambe al Pordenone è parsa ai più in netto fuorigioco. A nulla sono valse le proteste neroverdi. L’impressione che l’arbitro si sia accorto di aver sbagliato sta tutta nel rigore assegnato ai ramarri quattro minuti dopo: «semplicemente inesistente» ha detto in coro l’entourage del club cittadino. Una direzione arbitrale insufficiente, che ha fatto andare su tutte le furie anche un tecnico pacato come Bosi. Limiti. Queste le attenuanti per l’imputato Pordenone, cui ieri mancavano inoltre sette uomini, di cui cinque nel reparto difensivo. Tuttavia chi li ha rimpiazzati non ha dimostrato di meritare lo spazio che reclama. Esclusi Righini e Iuri, entrambi del ’93, messi in campo per tamponare l’emergenza del pacchetto arretrato, gli altri potenziali titolari hanno deluso. De Pin ha giocato sulle punte, lasciando in spogliatoio la grinta, Buttignaschi ha voluto strafare, scegliendo soluzioni impossibili in fase d’appoggio, mentre Scalzo, il cui talento è fuori discussione, è risultato addirittura dannoso ai fini della manovra offensiva. L’azione emblema all’11’ della ripresa, quando ha perso palla in piena area avversaria dopo un assolo sulla fascia sinistra. Insomma, se Bosi li tiene in panchina nei match-clou, ha i suoi motivi. Infine Fantin: il centravanti di Casarsa, perlomeno, si è battuto. Ma non ha sfruttato come sperava la “sua” occasione. Dipendenza. A riprova di tutto ciò, basti vedere com’è cambiato il Pordenone con l’ingresso di Casella, Sessolo ed Herrera. Un’altra squadra, ficcante in fase offensiva, col regista laziale ad alta intensità dopo la prova opaca di Tamai e con i due funamboli a spingere sulla fascia sinistra. Le occasioni più pericolose le hanno create loro. Tanto che non sarebbe sbagliato parlare di “dipendenza” da questi elementi. Domenica col Treviso, partita in cui Bosi sarà ex, bisognerà ripartire da loro. Dovranno prendere in mano la squadra in quella che sarà già una sfida-bivio per i neroverdi: se perdono, finiscono a nove punti dalla capolista. Con la speranza, è bene sottolinearlo, di recuperare qualche elemento nel reparto difensivo. Alberto Bertolotto
Bosi: «Battere il Treviso per la svolta»
Messaggero Veneto — 15 ottobre 2010 pagina 17 sezione: PORDENONE
PORDENONE. Quattro anni da giocatore, tre da allenatore della Primavera. Campionati di serie B di vertice, da calciatore, gli ottavi di finale del torneo “baby” da tecnico e grandi giovani lanciati: il sampdoriano Poli, l’ex Napoli Russotto, l’attaccante del Portogruaro Bocalon. Tutto questo per dire che Pordenone-Treviso non sarà un match qualunque per Giovanni Bosi. Sarebbe strano il contrario, anche se i disillusi dicono che i sentimenti non esistono, nel calcio. Tuttavia il trainer neroverde fatica a contenere le emozioni: quella di domenica sarà la sua prima volta contro il Treviso. Un club che gli ha dato tanto e, per capire il legame, la città della Marca è dove ha deciso di stabilirsi a fine carriera. Bosi, sono giorni particolari. Inevitabile nasconderlo: saranno novanta minuti speciali. «Sicuramente. La mia emotività attuale è diversa da quella da giocatore: ricordo un Cesena-Bologna, il derby dell’Emilia per eccellenza. Io ero cresciuto nei bianconeri, era una gara che ho sentito particolarmente. Tuttavia, quella di domenica non sarà una gara qualunque, nonostante il Treviso che ho lasciato sia diverso da quello attuale. Sono cambiate le persone in società, ma affrontare la mia vecchia squadra non può che farmi piacere». Cosa ricorda con più piacere? «L’annata in cui abbiamo raggiunto gli ottavi di finale del campionato Primavera: il punto più alto della storia della squadra. E poi i ragazzi che ho lanciato. Fa piacere vederne alcuni così in alto». Arrivando al presente, sarà la gara con la capolista: il Pordenone è distante sei punti da lei. Un aggettivo per definire il match. «Fondamentale. Dopo la partenza ad handicap (due ko nei primi due turni) è inevitabile che sia così. Se dovessimo vincerla potrebbe essere la partita della svolta sotto il profilo mentale. Ci darebbe ancora più fiducia nei nostri mezzi. Che dobbiamo averne lo stesso, comunque». Pordenone eliminato dalla coppa Italia: la sconfitta con l’Este può lasciare delle scorie? «Uscire dalla coppa ci ha fatto male, ma allo stesso tempo l’abbiamo già dimenticata: la gara di domenica è troppo importante per noi». Come sta la squadra? Si recupererà qualcuno, in difesa? «Dietro speriamo di recuperare uno tra Dus e Cester. Per il resto, noi stiamo bene. Nel primo tempo di Tamai non ci siamo espressi alla grande, ma arriviamo da dieci punti in quattro partite: dobbiamo ricordare il nostro ruolino di marcia. E farlo “pesare”». Alberto Bertolotto