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Scommesse e combine In aula le telefonate choc sul calcio sporco a Potenza
di Gian Marco Chiocci
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Simone Di Meo
Quanto a reputazione ed affidabilità il biglietto da visita non è proprio dei più incoraggianti per chi lavora nel calcio sporco: «Questo qui ha dato tre/quattro sóle (fregature, ndr) importanti». È l’11 marzo 2011, e i due personaggi centrali della cricca bolognese di Signori&co, arrestati dai pm di Cremona, stanno parlando di Luca Evangelista, che in realtà sarebbe Evangelisti, alias «capa di bomba» o «capoccione», già direttore sportivo del Taranto e del Martina Franca.
Evangelisti è stato arrestato nel 2009 insieme al presidente del Potenza Calcio, Giuseppe Postiglione, e a un manipolo di delinquenti affiliati al clan dell’organizzazione criminale dei Basilischi - che vanta collegamenti con la 'Ndrangheta calabrese - nell’inchiesta Arma Letale che ha scoperchiato il verminaio di interessi incrociati, collusioni e affari sporchi tra il club sportivo e la quarta mafia. L’accusa dei pm antimafia nei confronti degli indagati è sconvolgente: «Aver fatto parte di un’associazione per delinquere, composta in linea primaria da alti dirigenti e manager di diverse società sportive di calcio dei campionati di serie B e C1 (...) in grado con il loro potere decisionale di influenzare il risultato finale delle singole partite di calcio e, in linea secondaria da atleti e personaggi gravitanti negli ambienti vicini alle squadre di calcio interessate, associazione dotata di una stabile organizzazione che nel suo programma criminoso prevedeva, da una parte, il controllo fraudolento dei risultati delle singole partite… dall’altra l'impiego di ingenti somme di denaro che, sottoforma di scommessa sportiva, poteva essere investita dagli associati sul risultato finale di match in tal modo combinati».
«Capoccione» finisce nelle carte di Potenza (che il prossimo luglio approderanno davanti al gup per decidere sul rinvio a giudizio dei 14 indagati) in relazione al risultato della partita del 20 aprile 2008 Potenza-Salernitana (Prima divisione girone B, conclusa 0-1) e non in quelle sospette di Potenza-Gallipoli del 5 aprile 2008 e Potenza Juve-Stabia (col boss potentino che prima del match invia 2 sms di proposte all’ignaro portiere avversario:
«quattro li lasci e quaranta li prendi, quaranta polpette sono buone e chiama chi sai tu») che per gli inquirenti «sono stato il frutto di un piano criminale». Con la Salernitana Postiglione si sarebbe venduto per 150mila euro in contanti, consegnatigli in un pacchetto di patatine proprio da Evangelisti nei pressi di un casello autostradale di Foggia. In cambio dei denari, Postiglione avrebbe «scassato» mezza squadra, imponendo all’allenatore, che per protesta si dimise pochi minuti prima del match, di schierare la peggiore formazione possibile. L’euforia per la combine è talmente forte che Postiglione èintercettato mentre ride e urla: «Noi facciamo i danni, noi facciamo i danni...». Anche difronte alla protesta dei tifosi, il patron non si scompone: «
«Come faccio ora con tutti questi contro? Faccio una cosa tipo Manfredonia: o mi salvo, o non mi salvo, almeno mi sono fatto i soldi. Là hanno fatto i soldi veri eh, quelli ogni partita tra contributi Lega e valorizzazione della società prendono 20-25mila euro a partita». Per la combine, Potenza e Salernitana finiscono davanti alla Procura federale che il 19 marzo 2010 decide per l’esclusione dei lucani dal campionato di Prima divisione e per una penalizzazione di sei punti a carico dei campani.
Dalle carte depositate s’è scoperto che altre sarebbero state le partite «sicure» giocate in agenzia dal «comitato d’affari» visto l’«esito di alcune di esse già concordato a tavolino»: Perugia-Potenza, Arezzo-Massese, Taranto-Sangiovannese, Ravenna-Lecce, Gallipoli-Crotone, Pescara-Pistoiese, Massese-Taranto e Sambenedettese-Potenza).
A rendere spregiudicato Postiglione, annotano gli investigatori,
non sono soltanto le amicizie con i poliziotti della Digos e con gli alti papaveri della politica locale vicina al Pd: la sua vera «arma letale» è la vicinanza al boss - ora pentito - Antonio Cossidente, uomo forte della mafia potentina già condannato a otto anni di carcere. Da qualche tempo, però, Cossidente s’è pentito. Ha dichiarato di aver investito nel Potenza Calcio 200mila euro, provenienti dal traffico di droga. E così il profilo del presidente del Potenza Calcio che emerge dagli atti giudiziari è sorprendente: non solo trucca le partite della propria squadra, minaccia anonimamente il suo allenatore, toglie di squadra i giocatori più forti. Ma scommette - e parecchio - sui risultati sicuri che Evangelisti, ancora lui, e gli altri amici degli amici gli soffiano all’orecchio. Nel fascicolo dell’inchiesta sono allegati verbali e intercettazioni telefoniche da cui emerge, chiaramente, che il patron del Potenza Calcio si arricchisce con puntate blindate. Verbali come questo. A parlare è Antonio Lo Piano collaboratore di Postiglione, anche lui indagato:
«Però io purtroppo, essendo tesserato Potenza Calcio, non potevo entrare nell’agenzia...allora questo che andava a scommettere comunque era sempre il signor De Angelis (Antonio De Angelis, indagato, ndr)...Io aspettavo con il presidente fuori. Lui entrava, poi quando andavamo a prendere i soldi, le vincite, entrava sempre il signor De Angelis noi aspettavamo fuori». Il giro d’affari documentato è vorticoso: «Si giocava, giocava tanto, giocava tanto. Investiva tanto, soldi dati in mano a De Angelis, 5mila-10mila-15mila investiva! Biglietti fatti in varie agenzie, perché in un'agenzia sola non potevamo farle, a Giulianova, Alba, Snai...». Il perno del sistema è sempre lui, «capoccione». «Postiglione parlava sempre con “capa di bomba“, ha comprato 3/4 telefoni con tre-quattro schede diverse ce le buttava pur di parlare con… messaggi con 'capa di bomba' poi si incontravano...». Per garantirsi l'anonimato, il patron inviava i suoi emissari lontano dalla Basilicata, sul litorale adriatico: «Addirittura siamo andati una volta a Ravenna, lui chiama a Ravenna, ci fa fare gli accrediti in tribuna centrale per Postiglione, De Angelis e io, partita Ravenna contro Lecce, scommessa sul Lecce, Lecce vincente, lui lo ha preso...». Prima di puntare, Postiglione aveva un suo giro informativo di fiducia, come conferma proprio De Angelis: «Si facevano questi viaggi a Roma, a Giulianova, insomma, in posti dove lui si incontrava con persone e gli riferivano eventuali risultati». A Roma, uscito da un hotel a via del Corso, «veniva con ’ste notizie qua, dobbiamo giocare questo e quest’altro... ogni settimana grosso modo giocavamo intorno ai 10/15mila euro… i soldi li metteva lui, mi dava i soldi a 500 metri dall’agenzia, andavo, giocavo e tornavo, poi il lunedì si faceva il giro di tutte le agenzie (...). Se in un mese ha giocato quattro, cinque volte 50mila euro, ne ha vinti altri 50/70». La buona stella avrebbe consentito a Postiglione di accumulare in poco tempo un tesoretto di 400mila euro, che gli inquirenti gli sequestrano - per ben due volte - su un conto corrente di Montecarlo. Un tesoretto frutto di partite truccate e imbeccate millimetriche.
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Scommesse, Signori e i cinesi "vestiti" da troupe E l'arbitro di Lega Pro di professione bookmaker
di Luca Fazzo
Strana visita dell’ex bomber nel ritiro del Bologna per accompagnare giornalisti mai accreditati. Erano gli scommettitori? E si scopre che
l’arbitro di Cremonese-Spezia, il "capolavoro" di Paoloni, lavora per una grossa agenzia di bookmakers inglesi
Piena collaborazione, grande intesa, eccetera eccetera. Il vertice di ieri a Cremona tra magistratura penale e magistratura sportiva si conclude all’insegna delle solite dichiarazioni pubbliche che non vogliono dire granché. La verità è che di tutto quanto è venuto a galla successivamente alla retata dell’1 giugno, gli inquirenti cremonesi devono ancora tirare le fila, e che tra le cose da chiarire - nei mille episodi raccontati o appena accennati dagli inquisiti repentinamente «pentiti» - alcuni costringono l'inchiesta a interrogarsi anche sul ruolo effettivamente svolto dalla Procura federale.
In un giorno in cui oltre all’incontro tra il pm Roberto Di Martino e il capo dell’ufficio inchieste Figc Stefano Palazzi accade poco, diventa inevitabile andare a frugare nelle pieghe non solo dell’inchiesta ma anche di episodi accaduti nei mesi scorsi, e allora passati inevitabilmente inosservati. Uno riguarda Beppe Signori, l’ex centravanti della Nazionale tuttora agli arresti domiciliari, considerato l’esponente di maggior spicco della cellula bolognese dell’organizzazione. L’altro riguarda un arbitro che - per quanto bizzarro ciò possa apparire - era anche dipendente di una agenzia di scommesse.
LA STRANA VISITA DI SIGNORI La vicenda di Signori si può ricostruire partendo da un articolo del Resto del Carlino pubblicato l’1 maggio scorso, su una
improvvisa visita dell’ex giocatore nel ritiro del Bologna a Casteldebole. Signori sarebbe apparso al centro sportivo per seguire dal vivo l’allenamento, in occasione di una intervista con una troupe televisiva cinese. Nulla di strano, col senno di allora, a parte la inconsueta location scelta per l’intervista. Il problema è che
ora a Bologna dicono di non avere mai ricevuto alcuna richiesta di accredito da parte di troupe televisive cinesi, e hanno un ricordo anche abbastanza vago degli asiatici («se fossero cinesi non lo sappiamo») che accompagnavano il Beppe nazionale in quella circostanza. Inevitabile, a questo punto, ricordare che nelle carte dell’inchiesta di Cremona, Signori viene ripetutamente indicato come il referente in Italia dei siti di bookmakers asiatici (detti al telefono «i cinesi», ma prevalentemente ubicati a Singapore) su cui le organizzazioni piazzavano le loro puntate. Che quella a Casteldebole fosse una sorta di visita guidata? Bisogna anche fare presente che nelle giornate successive il Bologna non incappò in risultati «sospetti»: il giorno dopo fu sconfitto 0-1 dal Milan, seguirono due fiacchi pareggi con il Parma (0-0) e con la Fiorentina (1-1). Solo all’ultima di campionato il Bologna stupì tutti facendosi rifilare 4 gol in casa dal Bari già retrocesso: ma in quell’occasione non pare che si siano registrate puntate anomale.
L’ARBITRO DOUBLEFACE La partita è Cremonese-Spezia di quest’anno, una tra le partite più smaccatamente combinate dal portiere grigiorosso Marco Paoloni: che dà addirittura uno spintone all’arbitro per farsi espellere e consentire allo Spezia (che a 3’ dalla fine era sotto di due gol) di recuperare.
Come acutamente fa notare ieri Tuttosport, l’arbitro spintonato era Claudio Gavillucci, della sezione Aia di Latina. Che fa nella vita Gavillucci? Il capo del «customer service» e delle relazioni esterne di Stanleybet, una grossa agenzia di scommesse con sede a Liverpool. La stessa agenzia per cui lavorava Massimo Erodiani, l’allibratore abruzzese che truccava le partite grazie ai servigi del portiere Paoloni...
11 luglio 2009: la Treviso sportiva non dimentica lo scempio che hai fatto, Setten.
Tonella, Maino, Bernardi; De Poli, Lombardi, Margiotta; Fiorio, Bonavina, Pradella, Bressan, Boscolo.
Grazie Zanin, grazie Ferretti,grazie Perna,grazie Ferronato!