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Giù le mani dal Tenni!

Ultimo Aggiornamento: 16/05/2023 00:08
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06/08/2013 11:41
 
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Auto e parco al posto del Tenni Gli architetti: «Serve un piano»

Dalla Torre (Urbanisti) e Perusini dicono stop al cemento e spazio al verde pubblico Il centrodestra insorge: «Oggi la squadra non c’è, ma domani? Bisogna guardare avanti»




Una straordinaria opportunità. Architetti e urbanisti sono concordi: la chiusura dello stadio Tenni, in una zona strategica della città, per la quasi annunciata scomparsa del calcio di alto livello, (ma c’è ancora una possibilità, in queste 48 ore prima del certificato di morte stilato dalla Federcalcio) è la possibilità di ripensare non solo l’area dello stadio ma l’intero quadrante dello scalo Motta e la città nel suo complesso. Il primo sasso è stato lanciato dalla giunta Manildo, in primis dall’assessore Ofelio Michielan, fino a proporre una soluzione mista con un parcheggio interrato e un parco soprastante là dove c’è (o c’era) il campo da gioco.
Alfonso Mayer, presidente dell’ordine degli architetti, premette che «a monte ci dev’essere un’idea della città, una caratterizzazione, da cui discende una visione globale che generi le scelte urbanistiche nella varie zone, non si può prescindere da una visione larga e strategica». Nel merito, Mayer avanza qualche suggerimento: «Lì siamo nella zona dello scalo Motta, un progetto non può prescindere dalla connessione con la ferrovia e con una futura stazione della metropolitana di superficie, anche rispetto a una diversa accessibilità dell’intera città dal quadrante Est. Ma perché non pensiamo anche a uno spazio per concerti rock, che attualmente non c’è».
Pino Dalla Torre, presidente degli urbanisti italiani, assessore della prima giunta Gentilini, manda un avvertimento: «Basta costruire, c’è già troppo residenziale direzionale vuoto: l’ideale è un polmone verde che riqualifichi tutta l’area a Est, residenziale solo di nome, ma non di fatto. Parcheggi? C’è già il foro Boario, meglio pensare a un’area verde che si raccordi con l’area parcheggio esistente»
Ma sul caso interviene anche Ciro Perusini, architetto e ingegnere, già candidato alle primarie: «Verdura, verdura, anche orti urbani, e non lo dico come battuta», premette subito scherzando, «sapete che sono contro lo sport agonistico. Se poi mi parlate di calcio, con partite truccate e tifosi violenti, «Fui io, quasi 30 anni fa, a bocciare il bellissimo progetto di Toni Follina del nuovo stadio, nella zona di viale Europa. Progetto meraviglioso, ma preventivo carente, il consiglio mi venne dietro allora: lui non me lo perdonerà mai. Oggi, se parliamo di nuovi stadi, bisogna ragionare su accordi intercomunali, se non interprovinciali, o di Veneto centrale».
Dal centrodestra, e veniamo al fronte più squisitamente politico, si frena sul salto in avanti del centrosinistra. Andrea De Checchi (Pdl), ex assessore, è categorico: «Non si sacrifica un grande impianto sportivo senza alternative plausibili. Resto ancora convinto fino all’ultimo, che si possa trovare una soluzione. Ma chiudere uno stadio così vorrebbe dire danneggiare lo sport trevigiano, la sua visibilità, la sua dimensione sociale»
Il leghista Sandro Zampese, architetto, per 20 anni presidente della commissione Urbanistica contesta il metodo prima ancora di ogni discussione: «Non si fanno proposte strutturali su fatti contingenti, Treviso può non avere la squadra oggi, ma la politica ha orizzonti più vasti. E in ogni caso lo strumento giusto, istituzionale, è il Pat, il resto sono chiacchiere estive di cortissimo respiro. Serve prospettiva, Treviso per il suo blasone merita uno stadio»
Chi nel 2008, era tornato a chiedere con forza lo spostamento del Tenni era stato Beppe Mauro, ex Pdl, già assessore, che non aveva esitato a scontrarsi con la Lega cittadina sia in giunta che in campagna n elettorale con le sua Grande Treviso. La chiusura del Tenni e il suo spostamento erano uno dei punti forti del programma.
«Se le idee sono buone perché alla distanza prevalgono e perché tutti le seguono, allora devo ritenere che non dicevo cose insensate», dichiara ridendo, «quell’area va riqualificata, a beneficio di residenti e commercianti, c’è indubbiamente bisogno di verde, ma non solo di quello: allora vanno valutate altre funzioni importanti per la città. Apriamo un confronto». E un nuovo eventuale stadio, ora che sembrano cadere tutti i progetti? «Mi pare evidente che oggi non si possa prescindere dalle risorse private e dall’autosostenibilità » .
Si diceva dell’ultima possibilità in extremis di salvare il Treviso calcio. I bene informati sussurrano che la cordata trevigiana – promotori Walter Frandoli & Bepi Lucchese - giocherà in questo weekend le ultime disperate carte rimaste e trovare le risorse. Non ci sono alternative. E in caso di fallimento, il dibattito sul futuro dell’area dello stadio diventerà subito, già da lunedì sera, una realtà dell’agenda politica cittadina. Una partita, non più sportiva, proiettata sul futuro.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
04 agosto 2013


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