Samp in B/Il "fenomeno" Cavasin
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Genova - Qualcuno in sala stampa ha provato a domandarlo: “Scusi, dottor Garrone, una curiosità, chi lo ha scelto Cavasin”? Domanda legittima, alla quale il presidente di Erg ha risposto evasivo: “Di Carlo non aveva più il gradimento della piazza, Cavasin era noto per essere uomo di polso, uno capace di scuotere la squadra”.
In realtà Cavasin era noto, soprattutto, per gli scarsissimi risultati ottenuti negli ultimi anni: dopo le due salvezze consecutive ottenute alla guida del Lecce (che gli sono valse la Panchina d’Oro nel 2000), il tecnico trevigiano ha faticato a ripetere buone prestazioni.
Nel 2002 il Lecce lo esonera e, per ritrovare un panchina, è costretto a scendere in C2, subentrando a Pietro Vierchowod alla guida della Florentia Viola. Con i toscani centra la promozione (guidando una Ferrari in un parco di automobiline) ma non riesce a evitare l’esonero l’anno successivo.
Da allora saranno quasi solo delusioni: Cavasin non riesce più a sedersi su una panchina ad inizio stagione e, sempre da subentrato, spesso non riesce neppure a finire il campionato. Brescia, Treviso, Messina, Frosinone e ancora Brescia sono i suoi ingaggi: le uniche soddisfazioni se le toglie a Frosinone (salvezza tranquilla) e Brescia (play off in serie B, poi persi con il Livorno).
Nel 2009-2010 il punto più basso: viene ingaggiato dal Bellinzona (serie A svizzera) e resta sulla panchina granata per 13 partite, conquistando 3 punti, prima di essere nuovamente esonerato.
Per quale ragione una società prestigiosa come la Sampdoria abbia deciso di affidarsi ad un allenatore con questo curriculum è un mistero.
Il cammino di Cavasin sulla panchina blucerchiata è spaventoso: 5 punti in 9 partite, frutto di una vittoria (a Bari, contro l’ultima in classifica, in un contesto oggettivamente molto favorevole) e due pareggi (quello di Verona, nel corso di una “non partita”, e il punto interno con il Brescia).
Sul piano tattico le scelte sono state estremamente confuse: Cavasin si è presentato sostenendo che il modulo migliore era 3-5-2; ha poi cambiato idea, passando al 4-4-2 per poi cambiare ancora, provando le tre punte. Una gestione molto “stravagante”, condita da una serie di conferenze stampa memorabili, durante le quali il tecnico ha parlato di “sangue, lotta” e si è perfino autodefinito “fenomeno”. Un Mourinho in sala stampa ma, in panchina, le cose sono andate molto diversamente.