15/02/2011 21:48 |
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da www.ilgazzettino.it
CALCIO SERIE D Dopo il pareggio a Concordia la squadra di Raschi rimane penultima
«Belluno preda della nikefobia»
Modesto Bonan analizza la situazione difficile dei gialloblù: «Credo nella salvezza»
Alessandro De Bon
Martedì 15 Febbraio 2011,
Modesto a parte? No, impossibile. Questo Belluno, il Belluno di Roberto Raschi, Modesto Bonan ce l’ha nel sangue. Anzi, nelle gambe, tutti i pomeriggi. Perché nell’organigramma non figura, ma corsa, salti, scatti e riprese dipendono da lui. E lui, che quei colori li sente suoi, parla alla prima persona plurale. Iniziando da Concordia. «Dobbiamo guardare al pareggio di domenica come a un bicchiere mezzo pieno. Finalmente abbiamo fatto risultato rimontando. Credetemi, è stato un gran risultato».
Già, ma non di quelli che scrollano le classifiche.
«Ora bisogna fare più punti possibili e ce ne sono ancora tanti in palio. Sì, è vero, salvarsi direttamente è molto difficile, ma intanto pensiamo a tirarci fuori dalla penultima posizione. Se poi bisognerà fare i playout, faremo i playout. Non sono una tragedia. Due partite secche, dentro o fuori. Vince chi lavora bene, chi è allenato e dunque lucido».
E il Belluno come lavora?
«Bene. Quel che conta è non scaricarsi mai del tutto, mettere sempre via qualcosa. Ci si può svuotare solo all’ultima di campionato e alla finale di Champions. Altrimenti, a quella dopo, crolli. E noi è così che stiamo lavorando. Ora, con la sosta, abbiamo programmato una settimana intensissima, i ragazzi arriveranno al weekend morti. E andrà bene così. Impensabile però dire ora "pensiamo ai playout". Sarebbe un suicidio. Se arriveranno ci penseremo a tempo debito. Per vincerli».
Pasa ieri, Raschi oggi.
«A Pasa, dopo il ko a Quinto, gliel’ho detto: "A Vianello invertito avremmo vinto noi". E lui era d’accordo. D’altronde è arrivato al Belluno che sapeva giocare. Se n’è andato che sapeva allenare. Qualcosa me lo deve... Raschi invece è l’uomo giusto al posto giusto. La società ha fatto bene».
Perché il Belluno fatica così tanto a vincere?
«Credo abbia la nikefobia, la paura della vittoria, un’idiosincrasia al successo. Questione di testa. E vi assicuro che io, cinque volte secondo ai campionati italiani di atletica, so cosa voglia dire. Ti rendi conto che stai vincendo e crolli, non ti sembra possibile. Bisognerebbe sempre giocare come se si fosse sullo 0-0. Dirlo è semplice, farlo tutt’altro».
Eppure qualcuno ha additato la forma fisica della squadra.
«Sono anni che lavoro così e mai una volta sono retrocesso. Anche l’anno scorso dovetti impormi quando qualcuno non si fidava più dei nostri allenamenti. E poi... Il fatto è che correre è un conto, correre bene un altro. Se corri male, vai in affanno e perdi, anche se di fisico stai divinamente».
Insomma, tutto dipende dalla testa.
«Senza dubbio. Quest’anno il lavoro è lo stesso, gli uomini e le teste diverse. Ma nonostante questo io sono certo e tranquillo: ci salveremo. Non chiedetemi se direttamente o ai playout, ma ci salveremo».
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