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«Furia ultras, ora denuncio i calciatori». Nardin racconta il pestaggio alla Sun Trades
Tiziano Nardin, picchiato a sangue, malmenato da quelli che lui ha riconosciuto come un gruppo di ultras. E che ha denunciato, come medita di fare con i suoi stessi giocatori e, forse, anche con gli esponenti dell’amministrazione comunale.
di Massimo Guerretta
08 dicembre 2016
SILEA. Non dorme più. A causa del dolore al costato, dove è stato raggiunto da un paio di calci, che cura con antinfiammatori e antibiotici. E anche per i lividi sul volto, con l’occhio ancora tumefatto e lo zigomo segnato dai pugni, per 30 giorni di prognosi. Ma Tiziano Nardin ormai non dorme più perchè profondamente segnato da una vicenda più grande di lui. È il presidente del Treviso, il presidente della squadra di calcio del capoluogo (undici anni fa era in Serie A, per chi se lo fosse scordato), il numero uno del pallone di Marca. Picchiato a sangue, malmenato da quelli che lui ha riconosciuto come un gruppo di ultras. E che ha denunciato, come medita di fare con i suoi stessi giocatori e, forse, anche con gli esponenti dell’amministrazione comunale.
Presidente Nardin, può ricostruire ciò che le è accaduto domenica?
«Si è trattato di un’aggressione mirata e istigata dai calciatori. Domenica pomeriggio sono uscito dalla sede della Sun Trades e mi sono trovato la strada sbarrata. Era buio. Prima di salire in auto ho incontrato una ragazza. L’ho riconosciuta, fa parte degli ultras. Mi ha detto di lasciar perdere il Treviso, di mollare. Subito dopo è arrivato un altro ragazzo, sempre ultras, e mi ha insultato. Il terzo invece era incappucciato, mi ha preso a calci e pugni. Sono scappati. I due che conosco li ho già denunciati».
Saranno gli unici?
«Non ho capito cosa ci facevano sotto casa mia calciatori e ultras. Sembrava una manifestazione non autorizzata. Farò denuncia anche nei confronti dei giocatori, hanno fatto squadra con gli ultras. Andrò contro tutto e tutti per tutelare me e la mia famiglia. Ho un figlio piccolo, per lui ciò che è successo domenica è stato un trauma. Un fatto inaccettabile, non siamo in Serie A».
I giocatori minacciano di andarsene?
«Sono stanchi, ma non per questo possono istigare gli ultras. Ho letto che domenica hanno giocato solo per onorare la maglia. Ma scherziamo? Non gliene frega niente, i giovani forse ci tengono, gli altri no. Chi vuole andare che se ne vada, chi ha una squadra parte, sennò svincolo tutti il 16».
Avanzano dei compensi?
«Certo, perchè la società è stata boicottata fin dal principio. Mi hanno tolto il settore giovanile, lo stadio, poi mi hanno rovinato l’immagine. Ho speso troppo per alberghi e ristorazione, sono 30 mila euro buttati. Ma una decina di calciatori venivano a casa mia a a mangiare, li ho trattati come figli».
Ci conferma che il Treviso è in vendita?
«Eccome. Ma non lo regalo. Chi entra si accolla gli stipendi. Qualcosa è già stato pagato».
Ma lei non aveva venduto a Vissoli?
«Ho una scrittura privata con lui. È entrato in scena il 13 settembre, come documentano firme e controfirme. Il 20 di ottobre si è presentato dai giocatori dicendo “sono io il presidente”. Macchè. Ero d’accordo, avrebbero comprato il 60%, ma non hanno onorato alcun obbligo».
Altri possibili acquirenti?
«Ho un assegno da 37 mila euro da parte di un’altra cordata, ma mi avevano detto che sarebbero subito partiti con i bonifici. Sto aspettando. Poi si è presentato Pontrelli, anzi, a una cena a Zero Branco ho conosciuto Stefano Aureli».
Ci faccia una cifra. Quanto costa il Treviso?
«Mettiamola così: servono 400 mila euro all’anno per mantenerlo. Io ho fatto il primo passo per salvarlo, ma ero consapevole che non avrei potuto tenerlo per molto. Cercavo soci e sponsor, ma non riusciamo a trovare pubblicità nemmeno per i cartelloni dello stadio».
Ha debiti con i fornitori?
«È vero, ma pagherò. La squadra costa 50 mila euro al mese, non è poco, ma è la più forte del girone».
Non può pagare qualcosa con l’incasso di domenica?
«Avevo l’accordo con i calciatori che se lo sarebbero tenuti loro, però non so nemmeno quanto abbiano preso. Ricordo che ci sono delle spese: giocare al Tenni ci costa 122 euro all’ora, una partita quindi 600 euro».
Quanto ha influito la vicenda Tenni?
«Lo stadio è del Comune, sono stati loro a boicottarmi fin dal primo giorno. Mi hanno messo i lucchetti allo stadio contro i ragazzini, e non sapevo nemmeno che c’erano delle bollette da pagare a Carbonera. Ma la società è mia, quindi sono io che devo decidere a chi vendere. Michielan gioca con i soldi dei privati, eppure ha tutti i documenti che gli servono. Spero già venerdì di portargli delle persone per cedere la società».
L’allenatore è ancora Carmine Esposito?
«È stato allontanato dai giocatori. Domenica non c’era perchè era malato, mi ha mandato il certificato medico».
Sabato c’è l’anticipo con il Nervesa. Giocherete?
«Stiamo cercando di spostarla. Non abbiamo più nemmeno una muta di maglie: le divise sono della società, invece i calciatori le regalano in giro. La prima l’hanno data ai tifosi 10 giorni fa a Cornuda, quella di domenica
non so nemmeno dove sia finita. Comunque me le pagano, non faccio beneficenza».
Con senno di poi, lo rifarebbe?
«Mai. L’errore più grande è stato quello di versare i 20 mila euro per l’iscrizione. E poi mi picchiano. Ma se ora le ho prese, la prossima volta cosa mi fanno?».
08 dicembre 2016